venerdì 2 maggio 2008

Una nuova destra

La vittoria di Gianni Alemanno mi ha entusiasmato. Non tutti la penseranno così, è naturale. Ed è forse la controprova di una mia pressante convinzione: essa rappresenta il punto più alto della parabola della Destra italiana del dopoguerra e ne è,nel contempo, la fine. Nel momento in cui in piazza del Campidoglio i saluti romani venivano contestati (seppur immediatamente rilevati da alcune testate giornalistiche, con somma ipocrisia dato che io che ero presente posso testimoniare che gli autori venivano subito redarguiti), nel momento in cui uno striscione con una croce celtica della sezione Aurelia veniva subito fatto rimuovere, la Destra romana vedeva, con la sua apoteosi, un chiaro segnale che questa le veniva concessa solo a prezzo di un suo snaturamento: in una conclusione dell'abiura del passato. E dell'inclusione in un soggetto che non la rappresenta più.

Alleanza Nazionale era già questa un contenitore, ma più che altro un bel pacco regalo: la cenere sotto cui poteva ancora covare la brace. Alcuni appartenenti a questo partito come il sottoscritto ne erano consapevoli e si cullavano nell'idea che sul lungo periodo, grazie ad iniezioni moderate dall'esterno, le due pulsioni avrebbero potuto temperarsi e dar vita ad un partito conservatore di matrice europea: democratico, nazionale e popolare. Con la fusione finale che ha portato al Popolo della Libertà tutto questo si è mutato in un'illusione. Cossiga ebbe ad esprimere la convinzione che questo nuovo soggetto fosse esattamente quello che dicevo prima: un partito conservatore, liberale, democratico, nazionale e popolare. A mio avviso sbaglia. Le correnti che si incontrano in questo coacervo sono tante e tanto varie da non poter giungere a questa definizione. Stefania Craxi ricordava che sono presenti moltissimi socialisti. Rotondi era in Campidoglio insieme a Cicchitto. Comunisti pentiti come Sandro Bondi ne fanno parte. C'è il liberismo, il movimento radicale, una parte del mondo cattolico, le istanze filo-israeliane e filo-americane. Ed inoltre l'universo composito di Alleanza Nazionale. Per non parlare dei berlusconiani tout-court. E' difficile dire che questo possa chiamarsi soltanto conservatorismo nazionale, liberale, popolare.

Dopo le elezioni e soprattutto dopo le vittorie ragranellate in ogni ordine e grado di amministrazione non è più pensabile tornare indietro. Da qui si può solo procedere. La mia opinione a questo proposito è nota: avrei preferito qualcosa di diverso. Ma accetto la realtà e non mi rifugio nell'utopismo. Oggi qualcosa di diverso non potrebbe essere praticabile. Viviamo in un ecosistema ed in questo dobbiamo adattarci a sopravvivere. Non possiamo pensare di spostarci con la gravità di Giove se siamo sulla Terra. E se devo guardare al futuro vedo questi saluti romani, queste croci celtiche come un segno del passato che verranno progressivamente riassorbite ed infine cancellate. Credo invece che un conservatorismo nazionale e popolare sia una corrente che può sopravvivere all'interno del Pdl. Una corrente, ne sono cosciente. Non una definizione che potrà mai includere o definire questo movimento politico nuovo. Abbiamo voluto un bipolarismo che assomiglia tanto ad un bipartitismo: dovremo imparare a viverci dentro. Con la vittoria di Alemanno però si chiude un ciclo, sancito peraltro in modo inequivocabilie dall'elezione di Gianfranco Fini a Presidente della Camera dei Deputati. Oggi la sfida si gioca sulla costituzione del Popolo della Libertà. Sulla sua organizzazione interna, sulla sua democrazia interna (che non è per nulla scontata). A questo punto nessuno si deve fare infinocchiare dall'idea che il vecchio partito di massa sia morto e sepolto. Dobbiamo costruire spazi di dibattito che non si basino soltanto sui personalismi dei leader e sulla spartizione delle cariche. Se saranno partiti all'americana quelli nati nelle scorse elezioni dovremmo imparare le vie del lobbismo, che non sono soltanto espressioni delle classi economiche e finanziarie ma devono essere anche pulsioni culturali di associazioni e think-tank. Americani? Ok, ma non a metà.

lunedì 21 aprile 2008

Il Natale di Roma

Un mio buon amico mi rimprovererebbe delle mie uscite neopagane, ma io al Natale di Roma ci ho sempre tenuto. Nell’inno nazionale una delle parti che prediligo è “che schiava di Roma Iddio la creò”. Eh sì, sono un nordico atipico.

Fin dai tempi degli albori della Repubblica romana, i barbari scendevano dalla Gallia Cisalpina a mettere a ferro e fuoco l’Urbe. Qualche cultore della storia ricorderà Brenno e il suo “Vae victis!”. Persino Annibale, nonostante la sostanziale unità dei soci italici, trovò nei Padani degli alleati. Meglio coi tunisini che con Roma ladrona? Non esattamente: a Canne la vittoria del Cartaginese fu possibile proprio per il cedimento del centro del fronte retto dai Galli.


Non mi arrischio a fare liaisons genetiche o culturali coi Galli che abitavano la pianura intorno a Mediolanum: neppure la Lega sa decidersi a rivendicarli come progenitori dato che ha deciso di pescare secondo le convenienze ora dai Celti in generale, ora dai Cimbri, ora dai Comuni medievali, ora dalla Serenissima. Eppure qualche ricorso storico evidentemente deve esserci. Saccheggiati e saccheggiatori, mortali nemici di Roma, essi seppero anche diventarne secondo le convenienze alleata, fino ad ottenere l’onore della cittadinanza.


Oggi sarebbe antistorico negare che l’unità d’Italia fosse una pulsione che nasceva principalmente dal nord. Ormai, nel momento in cui il ministro dell’Agricoltura in pectore (di Bossi) Luca Zaia mette in discussione la correttezza del plebiscito con cui si annetteva il Veneto alla Nazione, sembra opinione condivisa che il Risorgimento altro non sia che una guerra espansionistica del Piemonte. Eppure dal settentrione partì. Il sud la subì, in modo alquanto riottoso. E probabilmente non gli convenne neppure. Roma fu una delle ultime terre ad essere liberata, nonappena i francesi che la proteggevano furono distratti dal compito dall’esercito prussiano.


Ma che c’entra tutto ciò? Nulla. O meglio, sono le solite chiacchiere per dimostrare che il vittimismo del Nord non ha poi tutto questo fondamento. Ed io difendo Roma. Una Roma splendida che è la coscienza dell’umanità da 2761 anni (beh, magari non proprio dall’epoca in cui si facevano i sacrifici umani). Una Roma che era la ragione ingombrante per cui dirsi di destra in Italia. Una ragione che la destra attuale ha smarrito o volutamente sacrificato, sommerso sotto una voglia di federalismo che sta alla secessione come i socialdemocratici all’inizio del ‘900 stavano al comunismo.


Oggi tutto sembra darmi torto: il federalismo trova argomentazioni in ogni scienza sociale; il voto a favore della Lega Nord cresce; i detrattori di un concetto di Nazione aumentano con la convinzione che, seppur sia mai esistita una nazione, questa non sia stata in ogni caso l’Italia. Ed io non voglio convincere che lo stato centralista è bello. Ritengo solo che non sia necessario mettere in discussione le fondamenta culturali dello Stato per arrivare ad una forma di autonomia sul piano fiscale; che il meridione aumenterà il proprio livello di isolamento tanto più incrementerà il localismo; che il regionalismo estremo è funzionale al territorio soltanto ove sia inserito in un sistema superiore che gli dia tutela in un’ottica di sussidiarietà (almeno nel contesto attuale). In una parola: la Regione Veneto può esistere autonomamente per ciò che concerne l’economia, ma non per ciò che riguarda la finanza; per il welfare ma non per la difesa; per le politiche sociali e non per quelle dell’immigrazione. Al che si tratta di scegliere: Italia, Europa o Padania. Ma se scegliete la terza cambiatele almeno nome: è vero che Eridania poteva dar adito a confusioni, ma Padania è il sinonimo di cacofonia. Io nel frattempo festeggio il Natale di Roma. In fin dei conti preferisco questo neopaganesimo all’ampolla d’acqua raccolta al Monviso e versata in laguna: quell’acqua in Adriatico ci arriverebbe da sola in ogni caso.

mercoledì 16 aprile 2008

Victoire

(l'articolo è stato scritto alle 5 del mattino del 15 aprile. Lo pubblico solo oggi perchè sono stramazzato sul pavimento prima di completarlo. Questo spiega anche la scarsa lucidità mentale, ma rappresentando un pezzo di storia personale ho deciso di pubblicarlo così su questo mio diario politico)

Per una settimana non mi sono fatto sentire. Non saprei neppure indicare chiaramente le ragioni di una sconfitta tanto cocente per il Partito Democratico. Ha giocato l'eredità di Romano Prodi, la sete di vendetta, il cambiamento enfatizzato che era spesso soltanto di facciata. Ma guardo in casa mia dove i problemi non mancano.
Mi darete dell'idiota, del pazzoide o del bastiancontrario ma a me il risultato non ha affatto entusiasmato. Lasciando perdere la scomparsa di forze che tradizionalmente appartengono all'arco costituzionale italiano (Il Manifesto titola oggi in una delle sue copertine più riuscite "Sinistra Extraparlamentare") che mi porterebbero inevitabilmente a riaffondare nell'analisi dei guai altrui, non posso esimermi dalla constatazione che ha fatto brecccia nell'elettorato italiano la volontà di semplificare all'estremo il sistema partitico italiano. A "destra" il Popolo della Libertà, a "sinistra" il Partito Democratico. Eppoi la Lega. Più Udc, Italia dei Valori e Movimento per le Autonomie, ma sono dettagli. E a noi interessa inevitabilmente la Lega. Sono originario del nord, ho contribuito alla campagna elettorale al nord (e se posso vantarmi la mia provincia nel Veneto è quella che meglio ha retto l'onda d'urto), nel Veneto. Stanotte, pochi minuti prima rispetto all'ora in cui sto scrivendo ce la siamo fatta sotto per il terrore che dei deputati messi in posizione ritenuta sicura non passassero. La Gardini non è passata, l'ex sindaco di Vicenza non è passato, Riello non è passato. Al Senato è stata una strage. Alla Camera la Lega nel Veneto 1 ha superato il popolo della libertà con percentuali abbondantemente al di sopra del 25%. Pura fantascienza fino a ieri. C'era gente che aveva già il titolo in tasca e si trova stanotte con qualche migliaio di euro in meno ed un leggero bruciore nel posto dove avrebbero dovuto sentire il calore confortante del seggio. Si apre la partita Veneto. Galan deve scegliere se partire per Roma e lasciare la Regione al movimento di Bossi o se tenere duro mentre parte l'arrembaggio leghista. ma sono stati davvero tanto bravi? La verità è che a parte i manifesti con l'indiano che non hapotuto regolare l'immigrazione la campagna elettorale della Lega è stata inesistente. Ho visto il filmato di un incontro con Gentilini in un paese adiacente al mio. Si parlava di pugnali e di spade, si progettava di bruciare le moschee e di Roma ladrona, ma niente di più. Partiva la canzone "tengo la camisa verde" e qualche canzone da balera. La nebbia circondava il tendone mentre il nulla assediava la torre d'avorio dell'adunata padana. Se questa è propaganda... La verità? La Lega raccoglie lo scontento di quelli di Alleanza Nazionale che non volevano disperdere il voto ma che chiedevano risposte chiare contro l'immigrazione e la criminalità; coagula le distanze di antipolitica di chi ha bisogno di sfasciare il sistema per far partecipare il prossimo ai suoi lutti; amplifica l'ultimo avviso lanciato al meridione: siamo stati solidali per 60 anni e ora se volete cambiare dovete farlo sul serio. Non entro nel merito. Anch'io da settentrionale a volte mi incazzo di tutti i trasferimenti operati a beneficio del mezzogiorno. Ed è vero che il nord sfrutta spesse volte il sud, ma viene abbondantemente ricambiato. Io amo l'Italia così com'è, ma molti miei concittadini non sono della mia stessa idea. A torto o a ragione gli italiani con questo voto hanno dato il segnale più potente di cambiamento che potevano scegliere: o si cambia o si muore. O si amputano le parti in cancrena e si lasciano marcire. Regioni a due velocità, federalismo fiscale, autonomia: non ci saranno tempi supplementari.

lunedì 14 aprile 2008

Una scusa

Prego i miei lettori di perdonare questa lunga assenza nell'ultima settimana di campagna elettorale. Credo che ne intuirete le ragioni. Credo di aver dormito una media di 5 ore a notte. Guardandomi attorno mi viene da chiedermi se sono stato l'unico pirla a farlo. Dando un'occhiata in giro sembra proprio di sì. Ancora poche ore e sarà finita.
Da dopodomani, a meno che non si registri la mia morte cerebrale definitiva, ricomincerò a curare questo spazio.

giovedì 3 aprile 2008

Diario di un curatore di campagna - 9

(Non so a che giorno siamo, so che vorrei che ne restassero 10)
Un grido d’allarme risuona dalla valle. E come sempre in caso di pericolo risuona di bocca in bocca. Spostano la data delle elezioni! Che giorno è oggi? Dai, il primo aprile era ieri! Sì, ma, forse. Ma siamo in guerra? Che è successo? In Spagna neppure dopo l’attentato alla stazione di Atocha spostarono la data delle politiche. Che può essere capitato? Ma chi l’ha detto? Amato! Amato? Eh…

Beh, viene fuori che tutto sto casino capita per la Democrazia Cristiana. Ma possibile? De Gasperi è risorto con Oberdan, Sauro e Battisti? Non esattamente… è la Dc di Pizza. Chi? Pizza! Ah, già. Margherita? No, Giuseppe. Napoli? No, è di Sant’Eufemia d’Aspromonte. Beh, non c’è più religione!

Vabbè, ed ora arriva fresco sto Pizza. Una bufala. E’ dal 1994 che prova a risuscitarla la Balena Bianca. Nel 1994 è con Flaiano Piccoli. Dal 2003 è segretario della Dc, ma con quel nome non si può presentare. Così alle europee del 2004 corre sotto le insegne di Paese Nuovo raccogliendo un ragguardevole 0,2%. Nel 2006 ci riprova alleato con Romano Prodi sotto la Lista dei Consumatori bissando a livello nazionale lo 0,2%. Va dato atto che in Calabria, grazie alla presenza di Loiero, si sfondò soglia 5%. Oggi, dopo aver concluso l’esperienza col centrosinistra, ecco Pizza che, con la benedizione di Berlusconi, può tornare a giostrare con lo scudo crociato.

Bene, il ritorno della Dc! Anzi no. Il Viminale pensa, con il solito eccesso di zelo, che il simbolo dello scudo crociato possa mettere in confusione qualche vecchietta siciliana che vede l’Udc presentarsi con lo stesso stemma all’interno del simbolo. Ed ecco Pizza escluso a stracciarsi le vesti. Va dato atto a Pizza, che dal 1969 è orgogliosamente democristiano, un’apprezzabile costanza. E forse non vale neppure la pena interrogarsi sull’effettiva utilità di una lista di Risurrezione come questa. A volte i morti non si rendono conto di esserlo. E quindi ben venga il ritorno della DC dopo la bocciatura del Ministero dell’Interno.

Ora però vanno risolte delle questioni etiche imprescindibili che possono determinare le sorti dell’ordinamento civile della Nazione: essere riammessi va bene, ma questo da il diritto a questa gente di pretendere che una persona come il sottoscritto, che si è già ampiamente rotto le scatole di una campagna elettorale che ha avuto la stessa partecipazione militante di quella del popolo Cubano allo sbarco alla Baia dei Porci, debba continuare per altri 10 o 15 giorni a trottare come un puledro?
A parte il De Profundis di disperazione che, insieme a Veltroni, a Berlusconi, a Casini e persino a Storace a Boselli elevo per evitare che questo strazio si prolunghi anche di sole 24 ore, ci sono altre riflessioni che, facezie a parte, andrebbero di sfuggita esaminate.

1) La Costituzione in art. 61 recita “Le elezioni delle nuove Camere hanno luogo entro settanta giorni dalla fine delle precedenti. La prima riunione ha luogo non oltre il ventesimo giorno dalle elezioni.” Quei mattacchioni dei Costituenti non hanno inserito nessun “eccetto”, nessun “salvo”, nessun “tranne”. E la ricerca nel pdf non restituisce risultati neppure se digitate Pizza.
2) Il Consiglio di Stato può sindacare su un atto amministrativo come quello emesso dal Ministero dell’Interno. Nessun atto amministrativo né alcuna sentenza possono derogare alla Carta Costituzionale ove non sia da essa esplicitamente previsto il contrario. Il decreto con cui si fissano le elezioni è un atto amministrativo e certo non può andare contro la Costituzione. Non potrebbe farlo neppure la legge. E non è che ci sia molto da interpretare.
3) Il 6 febbraio 2008 il Presidente della Repubblica ha sciolto le Camere. L’anno è stato bisesto (e dunque funesto): 29-6 fa 23. Aggiungiamo 31 di marzo e 13 di aprile. Non sono forte in matematica ma dovrebbe fare 67. Per fare un favore a Pizza possiamo rinviare il tutto a mercoledì 16.
4) Tutto sto ambaradan lo facciamo per una sentenza cautelativa, non per una definitiva. Tradotto: il Consiglio di Stato per evitare danni (e nella sua eterna saggezza c’è riuscito in pieno) al soggetto che accampa un interesse legittimo, sospende l’effetto di un atto amministrativo. Ciò non significa che dia ragione a Pizza.
5) Nel frattempo i militari all’estero hanno già votato. Che fanno? Rimandano le schede indietro?

La verità è che la giustizia amministrativa sta in questi anni prendendo delle decisioni che sotto molti profili decisamente non le competono. Penso, per esempio, alla bocciatura ad opera del Tar del Lazio del Decreto con cui il Ministro Turco innalzava per la cannabis le soglie consentite di detenzione personale. Indipendentemente dal merito (io ero contrario) la giustizia amministrativa non poteva bloccare il provvedimento: era evidentemente un atto politico. Diversa la questione del generale Speciale ove fece benissimo a rispedire al mittente un decreto che dal punto di vista formale era fatto coi piedi. Non si tratta di rispetto delle regole: si tratta semplicemente di buon senso!

Il mio pensiero in questa notte buia e tenebrosa va a Pizza. Dati i suoi risultati strabilianti nelle scorse tornate possiamo aspettarci grandi cose: forse passerà dallo 0,2% allo 0,5%. Caro Giuseppe, mettiti una mano sul cuore. Pensa ai militanti, pensa alle promesse di Berlusconi. Dicci cosa vuoi, cosa ti serve. Un sottosegretariato? Pronti! Un po’ di soldi? Spara! Guarda io queste cose non posso dartele ma c’è un tizio a Palazzo Grazioli che è abbastanza preoccupato perché ogni giorno di più si rischia lo stallo al Senato. Figuriamoci in quindici! Domanda con fiducia! E non fidarti di Clemente quando dice che qualche volta non ciò che promettiamo non lo manteniamo! Stavolta abbiamo fresca fresca una svendita… c’è un’azienda in dismissione. Portati a casa un aereo e un paio di hostess e non se ne parla più.

sabato 29 marzo 2008

Diario di un curatore di campagna - 8

Ottavo giorno
Inglobati da Forza Italia. Ecco cosa sta accadendo. Lentamente, come un blob azzurro e minaccioso il forzismo si avvicina e fagocita tutto ciò che incontra. Nella sua melma turchese ha cominciato a smembrare Alleanza Nazionale. Come il secolarismo col Cattolicesimo, come i barbari con l’Impero Romano, come la Cina con il Tibet, come l’immondizia sopra la Campania, l’ondata di Forza Milan sta inglobando l’ormai sempre più debole fiammella della svolta di Fiuggi.

C’era chi l’aveva ampiamente previsto. C’era chi sosteneva che, invece, An con il suo radicamento territoriale, valoriale, organizzativo avrebbe conquistato il fiero vincitore. In realtà il partito del Cavaliere sta dominando con la superiorità economica. Dove arrivano i gadgets? A Forza Italia. Chi si frega i gadgets? Forza Italia. Chi si preoccupa di attaccare i manifesti? Forza Italia. Chi paga gli eventi? Forza Italia. Chi deve telefonare per accordarsi? Forza Italia… no, AN. A voi sembrerà una cosa da poco. Falso. Svuotando di significato le sedi territoriali di Alleanza Nazionale, il partito di Berlusconi ha cominciato a depotenziarle.

A parte tutto questo i candidati di Fi e di An cominciano a girare insieme come carabinieri. Le cene si devono fare in comune per quanto possibile. I comunicati stampa, invece, si fanno separati: se contate che inseriscano i nomi dei vostri negli eventi che vengono segnalati state freschi. In ogni caso poco importa.

Una cosa poi mi ha lasciato di stucco circa i poteri soprannaturali degli alleati azzurri. Bonaiuti mandava via e-mail ai membri, funzionari, lavoratori, operai, sguatteri, imbianchini, donne delle pulizie di Forza Milan un quaderno con la raccolta degli interventi significativi e le cose da dire. Una sorta di massimario che può essere visto sia come la Sacra Bibbia del forzista, sia come la guida “Cosa dire ai testimoni di Geova quando cercano di minare la vostra fede”. In ogni caso, seppur triste, è abbastanza utile. Ebbene, da qualche giorno è cominciato ad arrivare anche a me. Ed è una cosa stupefacente perché io non ho mai dato la mia e-mail né al loro, né al mio, né al nostro partito. Ma chi c… gliel’ha dato?

Forza Italia in questo progetto di fusione (come la fusione Alitalia-Air France) fa un po’ la parte del leone anche per un’altra ragione. Come mi spiegava il loro presidente provinciale la formazione politica di via dell’Umiltà è abituata a ragionare con culture estremamente diverse: liberale, socialista, democristiana, piduista (oooops… dai, scherzo!). Alleanza Nazionale invece, come partito erede dell’MSI, non riusciva a gestire neppure le beghe degli ex fascisti con gli ex ex fascisti (Storace litigò con Alemanno, la Mussolini si era incavolata con Fini… gli ex Dc invece sembravano molto più a loro agio in ogni situazione). E’ evidente che se domani Berlusconi dirà di mettersi tutti in cerchio intorno alla foto del Duce e di orinarci sopra i problemi nascerebbero da alcuni ex aenninini. I forzisti invece temo che, di fronte ad un ordine espresso di Silvio, non avrebbero alcuna perplessità neppure di fronte all’immagine di alcuni stretti familiari (la stessa idea che Bondi possa dire di no al roveto ardente di Palazzo Graziali è presentato dal dizionario sotto il nome di ossimoro). Insomma, quando verranno le dispute teologiche, si sa dove spunteranno gli albigesi. Già qualche lamentela c’è e si sa. E’ già arrivata disposizione che venga repressa, ma se l’ordine necessita di lungo esercizio, la venerazione è qualcosa che si acquisisce per fede.

Pregate Silvio perché i vostri dubbi vengano fugati, pregate per la stabilità al Senato, per la cordata italiana, pregate gli Angeli, gli Arcangeli i Troni e le Dominazioni. Non ci indurre in tentazione. Amen.

venerdì 28 marzo 2008

Diario di un curatore di campagna - 7

Settimo giorno (quando anche Dio si riposò)

I lati piacevoli di un lavoro come il mio ci sono. A forza di parlare male della politica (anche se ho sempre precisato che le mie critiche vanno rivolte alle svolte bipartitiche e deideologizzate dei tempi moderni) va a finire che mi chiederete perché mi occupo ancora di partiti e istituzioni. Risposta: per giorni come quello appena trascorso.
Mi hanno nominato cavaliere del lavoro? Mi hanno garantito un incarico al ministero della Funzione Pubblica? No. Semplicemente oggi, con l’assenza del candidato, un tipo ha portato un salame in ufficio e ce lo siamo sbranato come poteva fare un leone con un Cristiano (Allam). Quei vecchi sapori di una volta, quei bivacchi in cui si discorreva ancora di idee di fronte ad un bicchiere di merlot!
Lo so, lo so, sono un nostalgico. Come darvi torto? Non avrei scelto AN se no. Solo che non sono della stirpe di Ciarrapico o della Mussolini. Mi piacerebbe essere un fascista tipo Almirante. Ma anche un comunista tipo Berlinguer se preferite. Mai ministro, sempre una brava persona. O forse no.
In ogni caso oggi sono rimasto molto scosso. Ho fatto il test proposto da Repubblica che dovrebbe indicarvi la vostra collocazione politica. Sull’asse delle ascisse ci sono i due idealtipi conservatore-progressista, su quello delle ordinate laico-confessionale. Sono più che felice di esser capitato in un quadrante dove non c’è nessuno, ma ciò che mi lascia basito è che (pur avendolo ripetuto due volte) sono stato piazzato nel quadrante progressista-confessionale. Cioè? Sarei una sorta di Binetti? Eppoi devo capire: in caso di risposta affermativa alla domanda se credo nel concetto di Padania, dove si sarebbe dovuto spostare il mio segnalino? E se fossi stato d’accordo sulla flat tax sarei balzato nel riquadro conservatore? Cari amici di Repubblica, o io non ho capito proprio nulla su di me e devo cominciare ad interrogarmi sul senso profondo della vita in mezzo a questo casino di vortici di galassie o voi avete fatto questo test con la stessa accuratezza che usa SWG nel fare i sondaggi.
Come si vede da queste riflessioni oggi ho lavorato duro. Da domani, però, finisce la pacchia. Già nella mattinata devo inviare un comunicato cattivo cattivo contro Uolter. Ma per oggi va bene così.






giovedì 27 marzo 2008

Diario di un curatore di campagna - 6

Sesto giorno
Ragazzi miei ma non è che stiamo prendendoci un po’ gusto a farci prendere a bastonate dagli spagnoli? Lo so, sono bastonate abbastanza leggere, ma uno torna dal lavoro e, in un tempo di declino, vorrebbe che almeno la Nazionale lo divertisse un po’. Mai avrei pensato che a tratti sarebbe stata più gustosa una puntata de L’infedele con –udite udite- Tremonti piuttosto che l’Italia di Donandoni. Come a dire: se a vostra moglie piace picchiare, meglio diventare masochisti. D’altra parte la politica fatta o vista diventa sempre meno appassionante.

Una campagna elettorale sciapetta serve soltanto a rinfocolare i vecchi vizi di federazione. Colpi bassi, qualche spiata, soliti pettegolezzi. Gente che cerca di accoltellarti da tutte le parti e non capisci il perché, trame di basso livello, piccoli giochetti da bottegai di provincia. Signori miei, ho uno stipendio oggettivamente basso, non ho un incarico politico vero e proprio, non ho un cda, non ho un circolo né un iscritto (non sono convinto di esserlo neppure io). Vuole proprio dire che siete morti di fame se cercate di portarmi via la sedia da sotto il sedere. Ma se me lo chiedete esplicitamente ve la cedo volentieri!

Vabbè, parlo di qualcosa che chiunque abbia fatto un minimo di politica conosce bene, quindi non serve che scenda nei dettagli. Solo che ormai sembra che anche chi ha un tozzo di pane sia una minaccia. E non è neppure la guerra tra poveri. E’ proprio il ricco che cerca più accanitamente di farti le scarpe per portarti via anche foglia di fico che ti rimane a coprire le pudenda! E dopo torni a casa e non gioca bene neppure la Nazionale! Contro la Spagna, poi! Ma ditemelo: volete portarmi alla santità?

Nel frattempo cari Pidiellini nordici vi do una notizia: i vostri leader non li vedrete più. Berlusconi è troppo impegnato a fare le cordate per andarsene a zonzo per le regioni sicure. Questo lusso lasciatelo a Uolter che ha tempo da perdere. Bastava vederlo in Sicilia in una saletta dell’oratorio neppure troppo gremita, vicino ad un’affascinante Finocchiaro. Sembrava un po’ meno in forma… il tono era lo stesso, ma si nota proprio che somatizza.. C’è chi ha tempo di andare a fare il turista alla Valle dei Templi e chi deve fare le cose serie. Ormai Berlusconi ha capito che l’unico modo per salvare l’Italia è cominciare a rimetterci del suo. Forse è per questo motivo che ha detto che questa è la sua ultima campagna elettorale. Quando comincerà a gettare banconote dall’elicottero, forse sarà il momento in cui mi convincerà a votarlo con entusiasmo.

martedì 25 marzo 2008

Diario di un curatore di campagna - 5

Quinto giorno
Chi mi conosce sa quanto sono scettico all’idea di votare por el Pueblo e sa che questa persistente perplessità non deriva dalla simpatia mica eccessiva che la figura di Berlusconi mi ispira né dall’irritazione per il caravanserraglio che il Cavaliere trascina con sé. Non mi piace il Pdl. Mi limiterò a dire che le facce nuove che sono costretto a vedere al lavoro non mi piacciono. Almeno non tutte.

Certo che però anche dall’altra parte sono proprio messi male! Guardavo Ballarò e studiavo l’arroganza di Colaninno, pensavo all’unto che circonda Calearo e non è che mi vengano queste grandi tentazioni! Anzi… le candidature di questi signori mi danno (e sono di destra!) un po’ di voltastomaco. Sono un indeciso, mi sento un precario insoddisfatto, un lavoratore flessibile della politica. Uno di quei pochi sfigati che non riesce ad avere il pelo sullo stomaco per lucrarci qualche lira. Stipendio da morto di fame, famiglia povera. Una preda ideale per la sinistra. E infatti comincia a conquistarmi (pensate!) Bertinotti. Sì! Voglio i contributi pure io! Voglio un salario al livello dei compagni greci o spagnoli che –l’ho scoperto stasera al TG5- prendono più di me dei miei simili. I greci!

Cari Pid(u)isti, se perdete uno scontento come me ora è meglio che chiudete baracca ed emigrate. Ma come? Un infiltrato Pidiellino che ogni giorno deve sopportare angherie di ogni genere da parte di gente che, col diploma (e non dico quale), può vantare la forza politica conferitagli da 100 tessere pagate di tasca propria o da un consiglio d’amministrazione di un ente di secondo grado. Una persona di media cultura che china la testa e si vende alla sottocultura un tanto al chilo per sopravvivere, sapendo che la pecunia non olet. E vi fate perdere un’occasione così?

Diceva Guareschi che nella cabina elettorale Dio vi vede, Stalin no. Ma perdonate… io stavolta, se dovessi scegliere solo basandomi sulle politiche del lavoro, preferirei il compagno Fausto. Se no faccio la X su Berlusconi: se devo votare per gli industriali preferisco scegliere l’originale.

giovedì 20 marzo 2008

Diario di un curatore di campagna - 4

Quarto giorno
La giornata è partita tranquilla e piena d’ottimismo. Gli uccellini cantano nel cielo blu, il sole splende sfavillante sussurrando alle campagne tenere promesse di una favolosa primavera. Sulla superstrada non ci sono autovelox, ho imparato i luoghi dove posteggiare, nessuno mi ha chiamato per rimproverarmi il ritardo di 10 minuti.

In macchina telefono alla Telecom:
(voce automatica) -digiti il numero della sua linea seguito dal tasto cancelletto
-Sì pronto, ho sempre un problema con la linea. Mi ha chiesto il tecnico di ricontrollare presso di voi se avete cambiato configurazione di ip, dsn, dns o come cavolo si chiama. Lei che dice?
-Dico che è ora di mandare a casa Prodi
-Scusi, con chi parlo?
-Eh, con chi parli, con chi parli… cosa facciamo per mandare a casa sti criminali?>
-Ma parlo con la Telecom?
-Eh, vediamo di risolverlo sto problema
-Scusi, parlo con la Telecom
-Sì, la sede di Mestre
-Ah…. Voti a destra suppongo…
-Sì, semo tuti de destra chi
-Bene, allora fatemi il favore di risolvere sta faccenda se no col cazzo che facciamo campagna elettorale. Ci state boicottando. Dopo vi cuccate Veltroni.
-Non te preocupare, risolvemo, risolvemo
A mezzogiorno non si era risolto nulla. Telefono ad un altro tecnico.
-Guardi… devo mandare gli inviti di un convegno, un articolo di giornale, un comunicato… la prego, sono disperato.
-Passo tra un quarto d’ora. Va bene?
-Tra un quarto d’ora, all’una, all’una e mezza. Quando vuole lei. Solo che me la deve risolvere sto problema… sono tre giorni. Siamo in campagna elettorale. La telecom dice che è colpa del router, i tecnici che è colpa della telecom. Il router ha imparato a parlare e piange con me.
-Ok. Ma è colpa della telecom. Sono in sette che hanno lo stesso problema.
-Guardi, venga. Io non ne voglio più sapere niente. L’aspetto.
Ore 16: internet funziona. Il tecnico non vuole essere pagato:

La morale? Non importa per chi votano: la colpa non è del router, né dei loro tecnici, né dei vostri, né dei centralinisti. La colpa non è neppure vostra, né di vostra madre (nonostante quello che provino subdolamente a mettervi in testa). La colpa è sempre della Telecom, di chi prende le decisioni, del poco celato disprezzo per quel rompipalle del cliente. Non mi importa davvero per chi voti sta gente. Spero che in caso di urgenza cerchino di comunicare coi loro telefoni.

Diario di un curatore di campagna - 3

Terzo giorno
La giornata comincia dalla mattina. Un lavoro come un altro. Si prende la macchina e ci si avvia. C'è però una differenza rispetto alle altre giornate romane: il traffico. In una cittadina del nord l'auto può essere molto più stressante che nella capitale. Ogni strada è un attentato: autovelox ovunque, infrared o come cavoli si chiamano ad ogni semaforo. Una calma e un ordine esasperante, a volte pericoloso. Nel frattempo telefonano: come mai non arrivi? Cerchi l'unico parcheggio che non sia a pagamento in un luogo dove nel medioevo era pieno contado. Ti affretti poi a piedi verso il centro città dove sorge la federazione.

Problemi logistici: internet non funziona. Già prima non andava tanto bene, ma cede di schianto non appena devi occupartene tu. Chiami la telecom: la linea è ripristinata, è colpa del router. Cambi router, non identifica la linea. Chiami un altro tecnico che ti dice di richiamare la telecom. Telefoni al 191 alle 18.31 e naturalmente il servizio terminava alle 18.30. Voi chi strozzereste? Rimpiangi i tecnici della Camera: l'ufficio assistenza computer fissi, l'ufficio assistenza computer portatili, il servizio informatica e la gestione delle reti. Rimpiangi la macchina da scrivere, la penna stilografica, il piccione viaggiatore ed il tamtam.

Ci sono da preparare i permessi per la prefettura, le comunicazioni a sindaci e questura, gli accordi con Forza Italia per riempire gli spazi elettorali. E ancora: riscrivere la lettera agli iscritti (sai fare di meglio! Sì, quando si è ispirati si fanno miracoli). Vi prego, sopprimetemi! Abbiate pietà!

Dopo un intervista con un direttore di giornale di provincia ho capito che la vita è difficile per tutti, soprattutto se c'è un sacco di gente a cui dover stare simpatici. C'è qualche iscritto che riesce meglio, c'è il presidente provinciale di azione giovani che ci riesce particolarmente peggio. Non è che ci siano draghi di disponibilità (a meno che non sia la tua). Ma così va la vita, al Pueblo.

mercoledì 19 marzo 2008

PS Sul pirata della strada di Roma

Ma a nessuno è passato per la testa che quel minorato che ha investito due ragazze sulle strisce a Roma, certo Friedrich Vernarelli, fosse così disinvolto proprio perchè aveva il padre vigile urbano? Mi spiego meglio. Si sa che i vigili a Roma tra loro la multa non se la danno mai e che le tolgono agli amici... figuriamoci ai figli. Non credo che papi, ex vigile ed ex Presidente del XVII municipio, di multe per la guida spericolata del figlio ne abbia pagate tante. Non c'è cricca peggiore a Roma di quella degli urbani. Mi spiace che neppure stavolta sta gente paghi. Anzi! Il padre a giustificare il figlioletto in ogni dove. Che vergogna! Se uno lascia la macchina sulle strisce blu e va a cambiare una banconota è capacissimo di trovare la multa al ritorno. Questa è la Roma di Veltroni (per risolvere l'emergenza traffico 1000 vigili in più, come se un vigile riducesse le macchine in circolazione)

DIARIO DI UN CURATORE DI CAMPAGNA - 2

Secondo giorno
Il secondo giorno è sempre e inevitabilmente peggiore del primo: si esaurisce l'effetto novità, e lo sbandamento dello scolaretto diviene il duro macigno, il supplizio di Tantalo che prende forma e sostanza, l'aquila di Prometeo che strappa il fegato che si ricostituisce giorno dopo giorno.

E così comincia il pellegrinaggio al Divino Amore. Duemila anni di storia e le folle di clientes alla porta (tutti molto amici del Presidente o del candiato, certo più amici di te) sono sempre le stesse. In campagna elettorale c'è la moltiplicazione dei pani, dei pesci e anche delle brioches. Tu sei al servizio di tutti, servus servorum Dei. E guai a dire di no! Me l'ha detto il candidato di contattarla... noi siamo amici da quando andavamo a fregare le ciliegie sugli alberi nel 39.

Sul versante Forza Italia oggi si è avuta la conferma che i nuovi compagni di partito hanno fatto sparire penne, uova di Pasqua (summa iniuria!) e magliette. Niente profumo della libertà. Le nostre spie hanno fatto giungere dispacci, i nostri esploratori hanno identificato il nascondiglio in cui si cela la refurtiva. Nel frattempo, onde rimarcare la concordia che regna sovrana, sto sforzando la mia fantasia nello scrivere una lettera agli iscritti cercando di spiegare perchè dovrebbero continuare a votarci. Mi sono incartato nel momento in cui dovevo parlare del nostro elettorato di riferimento, che non è più quello conservatore, quello di destra: ora il nostro partito vuole parlare a fasce più ampie dell'elettorato. Socialisti, ex democristiani, conservatori ma anche riformisti, liberali e monarchici... certo che non ha molto senso.... aiutatemi... liberali, no... moderati? Ok, moderati. Un partito nuovo che si rivolge a tutti i moderati. Come? Chi sono i moderati? Non chiedetelo a me. Moderato è l'aggettivo che accanto a supercalifragilistichespiralidoso serve peggio a descrivermi.

Le tappe di domani saranno: andare in prefettura per l'autorizzazione a usare l'altoparlante sulla macchina (ah, il marketing moderno!), andare a Forza Italia per un cordiale scambio d'opinioni sulla spartizione dei gadget e l'affissione dei manifesti negli spazi dedicati, la riattivazione del sito internet del candidato. La fondazione del Pueblo continua.

martedì 18 marzo 2008

DIARIO DI UN CURATORE DI CAMPAGNA - 1

Primo giorno
Dopo le riunioni preliminari si comincia. Siamo ai confini dell’impero ad evangelizzare le masse colla nuova buona novella del Popolo eletto. El Pueblo, come lo chiamo io.

Nella federazione di Alleanza Nazionale sono arrivate le nuove leve e io sono il responsabile. Ruolo cui avrei rinunciato volentieri: non sono mandatario (il padre economo), né quello che assume, licenzia o dispensa. Quindi sono sostanzialmente il capro espiatorio di questo Giubileo anticipato.

Si registrano nel Pueblo provinciale alcuni malumori. La concordia tra An e Forza Italia è paragonabile a quella che regnava tra Roma e Cartagine ai tempi in cui Annibale scorazzava sulla Pedemontana di Bossi a dorso di elefante. I gadget sono arrivati alla sede di Forza Italia e a noi hanno dato 10 kg di caramelle col logo di Berlusconi Presidente e qualche volantino. Non pervenuti gli oggetti più sfiziosi come penne e varie ed eventuali (io ricordo un ottimo profumo della libertà della scorsa tornata ma non saprò mai seè stato replicato). Il resto “è già stato distribuito”. Dove? A chi?

Toccante lo spirito di comunanza. Tutti hanno paura di fare le manifestazioni in comune: poi loro rimorchiano i nostri e in quella parte della provincia noi stiamo con la sinistra e loro stanno all’opposizione. Ma non ci siamo mai amati così tanto! Tutti si salutano e si fanno battute le più stronze possibili (mentre arrancavamo sotto 10 kg di caramelle, un amico di Forza Italia ci ha dato molto gentilmente dei “ciucciamentine”).

Si cerca di dare una mano quando questa può nuocere (“perché non vi prendete questi 60 kg di volantini? Ah, l’ascensore è rotto”) e ci si incaponisce sulle cose marginali pur di fare scontenti gli altri (il nostro sindaco non può venire: è impegnato tutta la notte alla presentazione di un libro. Bisogna rimandare)

Voi direte… quando mai non si è fatto? Ma stavolta è questo impegno a costruire il nuovo soggetto che diventa divertente: ci si fonde con la stessa gioia che potrebbero adottare due falangi macedoni scagliandosi l’una contro l’altra. El Pueblo unido jamas sera vencido!

sabato 15 marzo 2008

Perla Pavoncello: l'ineffabile leggerezza della rappresentanza

Sono esterrefatto. Sfatto, matto, strafatto. Esatto: una sorta di follia mistica, di rapimento estatico. Preso dalle convulsioni come una Pizia. Riporto dal Corriere. “Dopo la battuta di Berlusconi sui precari e le polemiche che ne sono seguite, ecco un colpo di scena: Gianni Alemanno, candidato a sindaco di Roma, annuncia che Perla Pavoncello (la precaria cui il Cavaliere aveva consigliato di sposare "suo figlio o comunque un milionario") sarà candidata per il Pdl nelle liste del Comune di Roma.” Eh?

Ormai davvero abbiamo deciso di prendere tutto come una burletta? Io faccio le bolle con la saliva: mi candidate? Questa ragazza fa una domanda in tv (neppure troppo brillante o innovativa) e siccome Berlusconi le risponde in modo umoristico e lei non se la prende va candidata? Che volete dimostrare? Che lo stoicismo paga?

Ora che requisito possiamo adottare per le prossime candidature? Una gara di rutti? Una gara di tiro a freccette? Una corsa coi sacchi? Oppure possiamo scegliere il caso più umano, quello che si presenta col cappello più buffo. Voglio una rappresentanza equa dei rossi di capelli, delle donne cannone e dei truzzi da discoteca. E i nani? No, quelli sono già candidati. Mi dispiace non essere residente a Roma. Mi sarei presentato al seggio con un bel naso da clown. E sarebbe stato un onore per me non votare per Gianni Alemanno.

giovedì 13 marzo 2008

I 12 ddl di Veltroni

Signori miei, io non lo vorrei dire, ma quest’idea decisionista di presentare i disegni di legge prima delle elezioni non è né buona né foriera di conseguenze positive sul piano istituzionale. Rappresenta anzi una volta di più lo scadimento della nostra Repubblica in un sistema plebiscitario. Non bastavano le liste precostituite, i candidati premier designati, il bipartitismo del voto utile. Oggi -offerta speciale!- ecco il pacchetto premium: Presidente del Consiglio, Ministri, Parlamento, legislazione, tutto con un unico voto! Come diceva un manifesto ritoccato su La Repubblica: VelTrony, non ci sono paragoni.

C’è a chi tutto questo piace. Fate vobis. Tuttavia lasciatemi fare il grillo parlante per qualche istante: voi pensate davvero che sia bene che un leader si vincoli a presentare dei disegni di legge già scritti prima delle elezioni? E se a me non piacesse uno di questi? E se pensassi che un articolo, un comma, una parola non vanno bene? Già, dovrebbe essere il Parlamento a discuterli. Ma in questo modo si blindano, si avvolgono dell’aura sacra della scelta popolare. Chi potrà decidere di metterli in discussione poi? Non certo la maggioranza del Pd, scelta, investita, eletta insieme con il pacchetto di disposizioni normative.

Avendo un sistema a (almeno) due attori ci si aspetterebbe che l’altro ci fornisse un’alternativa. Invece no! Pronti 13 disegni di legge. A me avevano spiegato che la democrazia fosse qualcosa di un attimo più serio e complesso e che il Parlamento dovesse essere sovrano. Invece ci ritroveremo con due camere di semi-competenti, fedelissimi, impotenti. Con due partiti senza democrazia interna, dove al massimo si voteranno i vertici provinciali, sempre con una sorta di plebiscito. Con lo Stato in balia di gruppi di pressione (i cosiddetti poteri forti) che, in assenza di regolamentazione, vivono nell’ombra tirando le redini. Nepotismo, corruzione, clientele: diciamoci la verità… questa Terza Repubblica rischia già dalla partenza di essere peggiore della conclusione della Prima.

mercoledì 12 marzo 2008

I meriti di Prodi

Difendere un leader odiato come Romano Prodi è certamente un’azione anticonformistica. Se il professore non è stato –forse- il peggior Presidente della storia repubblicana è stato –certo- uno dei meno amati. Da parte mia non ho mai fatto mistero della poca simpatia nei suoi confronti: pacioso, senza carisma, traffichino, moralista; non appartiene né alla mia cultura né al mio modo di vivere. E’ un relitto del passato, di un modo di fare politica antiquato nelle forme, caotico, conciliante e, in definitiva, inefficace nei contenuti.

In questi giorni si vedono i risultati dell’azione del Governo di Romano Prodi e non sono certo esaltanti: liberalizzazioni incomplete e parziali, riforme abbozzate e avventurose, una gestione dell’economia non certo espansiva con un’imposizione fiscale, soprattutto dopo la Finanziaria 2007, folle. Una maggioranza eterogenea ha portato ad un’eterogenesi, ossia a conseguenze inintenzionali di azioni intenzionati, disarticolata e certamente non voluta. Tradotto: dal casino della coalizione di centrosinistra e dalle politiche che essa ha attuato non sono uscite né i risultati che questa si era proposta né, in alternativa, qualcosa di buono per il Paese.

Oggi tuttavia abbiamo avuto la prova che sul letame nascono i fior: nell’abominio della desolazione, nella prospettiva di una stagflazione (quel magico mix di stagnazione e inflazione che ha per un Paese in crisi l’aspetto invitante delle fogne di Calcutta nella stagione del monsone), in un contesto di salari da fame, abbiamo scoperto che almeno i conti pubblici stanno un po’ meglio e che il debito pubblico ammonta (solo!) al 104% del Pil.

Il centrodestra ha due strade: 1) continuare a profondersi in esorcismi contro il Maligno personificato in Romano, soprannominato anche l’Attila sulle due ruote, e gemere contro questo emissario del male che ha ridotto l’Italia in miseria; 2) riconoscere che –anche vista l’esperienza al governo- non ci sono bacchette magiche e che il meglio che si può fare è tentare di alleggerire il carico fiscale tagliando la spesa anche a costo di qualche sacrificio; riconoscendo e consolidando quel poco di buono che è stato lasciato. Berlusconi ha detto che il Pdl è un partito monarchico: bene! Vediamo se riuscirà a convincere di questo anche i suoi ministri quando ci sarà da eliminare il fondo di solidarietà per l’eruzione del Vesuvio del 79 d.C. o il capitolo di spesa per la difesa del muflone nelle campagne del Monferrato.

martedì 11 marzo 2008

Apc-ELEZIONI/ SONDAGGISTI: CIARRAPICO PUO' SPOSTARE 400 MILA VOTI

Il Pdl al Senato tra 160-170 seggi. Ancora un indeciso su quattro
Roma, 11 mar. (APCom) - La bufera Ciarrapico potrebbe spostare
fino a 400 mila voti. Secondo i sondaggi la candidatura
dell'imprenditore, pensata come il giusto antidoto alla Destra di
Storace, farà acquistare o perdere al Pdl di Silvio Berlusconi un
punto percentuale. Per il resto, il trend delle proiezioni sulle
intenzioni di voto è ormai stabile: con il centrodestra di 8
punti avanti al Pd e la querelle della maggioranza risicata al
Senato che vedrebbe la coalizione del Cavaliere oscillare tra i
160 e i 170 seggi. "Secondo le ultime ricerche il Pd di Walter
Veltroni è al 36% mentre il Pdl al 44% - spiega ad Apcom Nicola
Piepoli dell'omonimo istituto di ricerca - L'Udc è fermo al 6% ma
la situazione è ancora mobile e può prendere un corso più
delineato nelle prossime settimane. Mentre 'La Destra' di Storace
si attesta al 2% ma potrebbe salire o scendere a seconda
dell'effetto Ciarrapico. Le nostre indagini ci dicono che la
candidatura dell'imprenditore dovrebbe portare elettori e non
sottrarli alle fila del Pdl, ma è ancora presto per dirlo".
"Alla Camera la coalizione di Berlusconi avrebbe 344 seggi mentre
al Senato oscilla tra i 155 e i 162 - prosegue Piepoli - A un
mese di distanza gli indecisi sono ancora il 25%, ovvero uno su
quattro non sa chi votare, e sono una categoria mentale
assolutamente eterogenea, di cui non si può tracciare un profilo
nè prevedere nulla". "Questa settimana per esempio - conclude
l'esperto - abbiamo avuto un 5% di spostamento sia in entrata sia
in uscita: la percentuale di chi è passato tra gli indecisi è
equivalente a quella di chi, invece, ha deciso per uno
schieramento. Per questo il risultato è rimasto invariato".
"Gli incerti oscillano tra un minimo del 15% a un massimo del 30%
- spiega dal canto suo Alessandro Amadori di 'Coesis Research' -
C'è un forte disorientamento tra gli elettori perchè sono
cambiati i simboli e i contenitori e si vota solo dopo due anni.
Gli incerti sono tanti e la realtà è ancora molto fluida". E
Ciarrapico cosa sposterà in termini di consensi? "Bisogna vedere
se per il Pdl si rivelerà una mossa azzeccata oppure no -
chiarisce il sondaggista - Potrebbe essere l'equivalente di ciò
che è stato l'accordo con i radicali per il Pd, e quindi creare
un'emorragia di voti, oppure un modo per rubacchiare elettori
alla 'Destra'. In ogni caso lo spostamento non dovrebbe superare
il punto percentuale, ossia 400 mila voti".
Dalle ultime rilevazioni la crescita del Pd sembra essersi
arrestata? "Sì, la spinta iniziale si è esaurita e da diverse
settimane il distacco di 8 punti tra i due schieramenti si è
fatto più stabile", spiega l'esperto. Che aggiunge: "Al Senato
contiamo 10-12 senatori in più per il Pdl che, senza includere i
senatori a vita, significherebbe appena 170 seggi. Ma ci sono
ancora molte regioni incerte come Liguria, Sardegna, Calabria,
Abruzzo e Molise". E alla Camera? "Alla Camera la situazione è
completamente diversa - conclude Amadori - il distacco in termini
di deputati sarà notevole perchè saranno tanti i partiti che
resteranno fuori dal premio di maggioranza. La situazione è molto
più frammentata rispetto al 2006, la torta non si divide più solo
in due ma sono aumentati i soggetti che dovranno spartirsi i
seggi residui. Per cui in questo caso il Pdl avrà una larga
maggioranza".

Ma c’era davvero bisogno di Giuseppe Ciarrapico?


Ciò che viene da chiedersi, di fronte alle polemiche innescate a seguito dell’intervista rilasciata a Repubblica da Giuseppe Ciarrapico è: ce n’era davvero bisogno? E non parlo tanto dell’intervista, quanto della sua candidatura. L’ex re delle acque minerali, della Roma di Viola, del Secolo d’Italia, era noto come “er Fascistone” da sempre. Ora creano sconcerto le sue parole. Ma dico, ci siete o ci fate?
Da una parte abbiamo il Pdl: vi eravate improvvisamente dimenticati chi era il Ciarra? Eppure è dal 1947 che lo ricorda ad ogni piè sospinto. Sta in un posto della lista (undicesimo) dove davvero improbabilmente sarà eletto. Ma è pur sempre nel “manifesto”, nell’idea d’Italia del Pdl. Perciò inutile frignare: chi è causa del suo mal pianga sé stesso.
Dall’altra parte abbiamo il Pd: ecco pianti, lamenti, stridor di denti, stracciar di vesti e cilici. Un fascista? Abominio! Forse però i difensori della democrazia non ricordano che il 12 marzo del 2007, un anno fa –era di lunedì- il Pd si ritrovava al teatro Eliseo a Roma per celebrare i suoi fasti. In quell’occasione c’era pure un entusiastico Ciarrapico che sottolineava come la destra italiana fosse ormai morente. In quell’occasione il reazionario sosteneva Alessandra Mussolini come sindaco di Latina. Oggi Franceschini e Veltroni devono essersi dimenticati di quell’omone alle loro spalle. E si domandano come possa il Pdl circondarsi di questa teppaglia.
Il discorso ovviamente resta il solito: che bella ipocrisia! Prima si candidano in lista persone di siffatta risma per tirar su due voti in più e poi ci si indigna. Si è voluto il bipartitismo? E che vi aspettavate? Da qualche parte i voti bisognava pure raccattarli. Alla fine della fiera si scoprirà che tutta sta gente di nessun peso a parole può essere molto pericolosa. Ma basta una smentita, qualche mea culpa e tutto torna nella pax romana del secondo duomvirato.

lunedì 10 marzo 2008

Pdl: ecco le liste


Tratte da Il Giornale.it ecco tutte le liste del Popolo della Libertà

VALLE D’AOSTA

CAMERA
Un solo candidato nel collegio uninominale: è il forzista Giuseppe Gambardella, dirigente dell’agenzia delle entrate della val d’Aosta.
SENATO
Anche per Palazzo Madama c’è un solo nome in corsa, quello di Cleto Benin, presidente di Eurotravel, uno dei più importanti tour operator italiani.
PIEMONTE
CAMERA
Alle spalle di Berlusconi e Fini troviamo, nella prima circoscrizione, i candidati di nomina forzista con in testa l’ex ministro Lucio Stanca, quindi Benedetto Della Vedova, leader dei Riformatori liberali, Caterina Ferrero, consigliere regionale e coordinatrice provinciale di Forza Italia, l’ex sottosegretario agli Esteri Margherita Boniver, Osvaldo Napoli, deputato uscente mentre i nomi presentati da Alleanza nazionale sono quelli di Agostino Ghiglia, coordinatore provinciale, Maria Teresa Siliquini, già sottosegretario all’Università. Nella seconda circoscrizione corrono Guido Crosetto, coordinatore regionale di Forza Italia, Roberto Rosso, già coordinatore regionale e sottosegretario al Lavoro, Gilberto Pichetto Fratin, consigliere regionale e uomo forte di Forza Italia a Biella, Maria Teresa Armosino, ex sottosegretario alle Finanze, Walter Zanetta, Enrico Costa, deputato uscente come Franco Stradella. Gli uomini di Fini sono invece Marco Zacchera, deputato uscente come Gianni Mancuso, segretario provinciale del partito. La new entry è Alessandro Ruben.
SENATO
Capolista sarà Enzo Ghigo, sicuri i nomi dei forzisti Aldo Scarabosio, notaio, alla sua terza candidatura a Palazzo Madama, Lorenzo Piccioni, anche lui al terzo mandato. Alleanza nazionale propone Ugo Martinat, coordinatore regionale, Andrea Fluttero, senatore uscente e il cuneese Beppe Menardi.
LIGURIA
CAMERA
In «pole position» Claudio Scajola, ex ministro dell’Interno poi dell’Attuazione del programma nel governo Berlusconi. Quarta in lista Fiamma Nirenstein, opinionista del Giornale, dietro di lei Sandro Biasotti ex governatore della Liguria, ora consigliere regionale, Gabriella Mondello, deputato uscente di Forza Italia, Eugenio Minasso deputato e coordinatore regionale di An, Michele Scandroglio omologo di Forza Italia, Roberto Cassinelli avvocato, coordinatore cittadino di Fi a Genova, Alessandro Gianmoena, responsabile nazionale Formazione dei giovani di Forza Italia e collaboratore di Gianni Baget Bozzo, Raffaella Della Bianca, capogruppo di Forza Italia al Comune di Genova, Gianni Plinio, capogruppo di An in Regione, Franco Amadeo, vicepresidente della Provincia di Imperia, Giulia Costigliolo, Alessandro Parino, Maria Grazia Frja, Laura Bestoso.
SENATO
Capolista è Enrico Musso, docente universitario, già candidato sconfitto a sindaco a Genova. Numero due Giorgio Bornacin senatore di An. Seguono Gabriele Boscetto deputato di Forza Italia, avvocato, di Imperia, Franco Orsi consigliere regionale forzista, Luigi Morgillo consigliere regionale di Forza Italia, imprenditore, spezzino, Gianfranco Gadolla imprenditore, presidente Provinciale di An, Roberta Bergamaschi, Fabio Cenerini.
LOMBARDIA
CAMERA
Nella prima circoscrizione, dietro ai capilista Berlusconi e Fini il Pdl schiera Ignazio La Russa, uno dei colonnelli di An, Gianfranco Rotondi, leader della Democrazia cristiana per le autonomie, Stefania Craxi, Andrea Ronchi, Mario Valducci, Paolo Romani, Maurizio Lupi, l’europarlamentare di An Cristiana Muscardini, Luigi Casero, Francesco Colucci, Gaetano Pecorella, Valentina Aprea, Paola Frassinetti, Mariella Bocciardo, Elena Centemero, Riccardo De Corato, Giorgio Stracquadanio, Simone Crolla. Nella circoscrizione Lombardia 2, dietro i due leader si candidano l’ex ministro dell’Economia Giulio Tremonti, la coordinatrice azzurra Maria Stella Gelmini, Raffaello Vignali, presidente della Compagnia delle opere, Mirko Tremaglia, Gregorio Fontana, Stefano Saglia, Antonio Palmieri, Adriano Paroli, Laura Ravetto, Viviana Beccalossi, assessore regionale all’Agricoltura, Giuseppe Romele, Giorgio Iannone, Maria Berruti, Domenico Angelucci, editore di «Libero», il giornalista dello stesso quotidiano Renato Farina, Luigi Fabbri, Antonio Verro, Marco Airaghi. Nella circoscrizione 3, sempre alle spalle di Berlusconi e Fini, troviamo Giancarlo Abelli, Massimo Corsaro, Maurizio Bernardo, Chiara Moroni, Andrea Orsini, Carlo Nola, Oscar Rivetti, Giacomo Tiraboschi.
SENATO
Assegnato da tempo il posto di capolista al governatore della Lombardia Roberto Formigoni, alle sue spalle troviamo le riconferme dei senatori uscenti: da Alfredo Mantica (An) all’ex presidente della Provincia di Milano Ombretta Colli (Forza Italia), da Guido Possa (Forza Italia) ad Alessio Butti (An), da Gianpiero Cantoni (Forza Italia) a Marcello Dell’Utri (Forza Italia). A seguire Mario Mantovani, europarlamentare di Forza Italia, Romano Comincioli (Forza Italia), Antonino Caruso (An) a Luigi Scotti (Forza Italia), Antonio Tomassini (Forza Italia), Giancarlo Serafini, consigliere regionale di Forza Italia, Giuseppe Valditara (An), Giacomo Caliendo, presidente dell’associazione dei magistrati tributari, Salvatore Sciascia, ex dirigente Fininvest, Valerio Carrara, senatore uscente di Forza Italia, Alfredo Messina, Pierfrancesco Gamba (An), deputato uscente, Riccardo Conti e Alessandro Gallone (An).
VENETO
CAMERA
Nella prima circoscrizione i posti considerati «buoni» sono i primi tredici dopo il ticket Berlusconi-Fini. A occuparli sono Niccolò Ghedini, senatore uscente e legale di fiducia del Cavaliere, Alberto Giorgetti, coordinatore regionale di An, Aldo Brancher (Forza Italia), Francesco De Luca (Dc per le autonomia), Filippo Ascierto (An), Marino Zorzato (Forza Italia), Lorena Milanato (Forza Italia), Luca Bellotti (An), Giustina Mistrello Destro (Forza Italia), Elisabetta Gardini (Forza Italia), Giorgio Conte (An), Enrico Hüllweck, ex sindaco di Vicenza (Forza Italia), Vendemiano Sartor, presidente della Confartigianato Veneto. Non ancora sicuri l’imprenditore discografico Gianmarco Mazzi vicino ad An, Luca Moschini (candidato dei Circoli della libertà di Michela Brambilla) e il deputato uscente Giuseppe Fini (Forza Italia). Nella circoscrizione Veneto 2 le candidature «blindate» arrivano al nono posto dopo Berlusconi e Fini. A conquistarle sono stati Renato Brunetta, europarlamentare di Forza Italia, docente universitario e uno degli economisti di riferimento del centrodestra, Adolfo Urso, ex viceministro alle Attività produttive (An), l’assessore regionale Fabio Gava (Forza Italia), Valentino Valentini, da anni interprete di fiducia di Berlusconi nei summit internazionali, Maurizio Paniz (Forza Italia), Catia Polidori, presidente dei giovani imprenditori della Confapi, Ettore Riello, presidente e amministratore delegato del Gruppo Riello, l’ex deputato di Forza Italia Michele Zuin, Pieralfonso Fratta Pasini. Dovranno sudarsi il seggio Luca Sbardella, Annalisa Andretta, Letizia Ortica, l’ex deputato di Forza Italia Lucio Leonardelli.
SENATO
Capolista è il presidente della Regione Veneto Giancarlo Galan. Dietro di lui le caselle a garanzia d’elezione sono occupate da Luigi Ramponi (An), Elisabetta Casellati (Forza Italia), Maurizio Sacconi (Forza Italia), Maurizio Sala (An), Paolo Scarpa Bonazza Buora (Forza Italia), Cinzia Bonfrisco (Forza Italia), il direttore della Fiera di Vicenza Maurizio Castro, vicino ad An, Piero Longo, penalista e uno degli avvocati di fiducia di Berlusconi, l’imprenditore rodigino Mauro Mainardi, il senatore uscente Pierantonio Zanettin (Forza Italia) e il deputato uscente Cesare Campa (Forza Italia).
TRENTINO ALTO ADIGE
CAMERA
Prima alla Camera tra i monti dell’Alto Adige e del Trentino sarà la campionessa olimpica di sci Manuela Di Centa, deputata uscente di Forza Italia. Dietro di lei Giorgio Holzmann, deputato altoatesino di An. Poi Maurizio Del Tenno, considerato un pò il «Colaninno» del Pdl: presidente nazionale dei giovani di Confartigianato, imprenditore di Sondrio nel settore immobiliare e vicepresidente dei Circoli della libertà. In quarta posizione Mario Malossini (Forza Italia). Più defilato Alberto Berger.
SENATO Candidato nel collegio senatoriale uninominale di Trento sarà Sergio Divina, senatore uscente, leghista; in Valsugana il Pdl schiera Giacomo Santini ex telecronista Rai, Forza Italia; a Rovereto Cristano De Eccher di An; candidati a Bolzano dovrebbero essere Maurizio Vezzali, Patrizia Ancilla Orio e Giuseppe Bellomo (tutti e tre di Forza Italia).
FRIULI
CAMERA Il vicepresidente della Commissione europea ed ex (ma forse anche futuro) ministro degli Esteri Franco Frattini sarà il capolista del Pdl in Friuli Venezia Giulia. Si sposta dal Senato alla Camera l’ex sottosegretario agli Esteri Roberto Antonione, che in caso di vittoria potrebbe seguire Frattini alla Farnesina. Posto blindato anche per il coordinatore regionale azzurro Isidoro Gottardo che lascia la regione per entrare a Montecitorio. In lista al posto numero sette Forza Italia ha schierato invece uno dei due ex leghisti passati col Cavaliere, Albertino Gabana. L’altro, Marco Pottino, guadagna l’ottavo posto e dovrebbe figurare come il primo dei non eletti. In quota ad An entrano invece i due deputati uscenti, Roberto Menia e Manlio Contento. A completare la lista infine la giovanissima Ilia Franzin, ventottenne di Maniago, l’assessore tarvisiano Francesca Comello e il goriziano Fabio Gentile.
SENATO
Per la corsa a palazzo Madama il Popolo della Libertà ha scelto di inserire in testa di lista tre candidati blindati in ordine alfabetico: Giulio Camber, Giovanni Collino e Ferruccio Saro. Il quarto posto, assegnato a Vanni Lenna, non è certo.
EMILIA ROMAGNA
CAMERA Sale sul podio al terzo posto garantito Michela Vittoria Brambilla, catapultata dalla lista della Lombardia. Poi l’ex ministro dei Trasporti Pietro Lunardi e Tommaso Foti di Alleanza Nazionale. E ancora il giornalista Giancarlo Mazzuca, direttore del Quotidiano Nazionale. L’azzurro Fabio Garagnani, l’imprenditore Enzo Raisi per An e Giorgio Lainati per Fi. In ottima posizione l’avvocato Anna Maria Bernini, già nota alle cronache perché assiste legalmente la vedova di Luciano Pavarotti, Nicoletta Mantovani. Transfuga dall’Udc, Emerenzio Barbieri. Sospinti a fondo lista, immeritatamente, l’infaticabile Isabella Bertolini, l’ex sindacalista Giuliano Cazzola e il giornalista Giovanni Mottola.
SENATO
Capolista un altro transfuga dall’Udc, Carlo Giovanardi, ex ministro per i Rapporti col Parlamento e berlusconiano doc. Poi Filippo Berselli,An, ex sottosegretario alla Difesa ed esperto del tema immigrazione. Giampaolo Bettamio per Forza Italia ex sottosegretario agli Esteri. L’avvocato Alberto Balboni, ancora An.L’azzurra Laura Bianconi, impegnata per i diritti dell’infanzia nella precedente legislatura. Massimo Palmizio, Fi e infine, in una posizione che ha scarse possibilità di arrivare in parlamento, Maria Ida Germontani per An.
TOSCANA
CAMERA
Corrono per la Camera Paolo Bonaiuti, fiorentino, portavoce di Silvio Berlusconi (se ne parla come di un possibile candidato anche a sindaco di Firenze nel 2009), Elio Vito (capogruppo alla Camera di Forza Italia), Denis Verdini (coordinatore regionale di Fi), Riccardo Migliori (coordinatore toscano di An) Marco Martinelli (parlamentare uscente di An). In buona posizione tre candidate: la ex responsabile Marketing della Rai, Deborah Bergamini, il sindaco di Castiglione della Pescaia Monica Faenzi e Flavia Perina, direttore del Secolo d'Italia, già eletta nel 2006 nelle liste toscane di An. Più indietro Massimo Parisi, vicecoordinatore regionale di Fi, Gabriele Toccafondi, vicecapogruppo di Fi al Comune di Firenze, Maurizio Bianconi, consigliere regionale di An, Riccardo Mazzoni, direttore del Giornale della Toscana, Roberto Tortoli, ex sottosegretario all’Ambiente.
SENATO
Capolista l’ex ministro dell'Ambiente e capogruppo di An al Senato Altero Matteoli. Dietro di lui il coordinatore nazionale di Forza Italia, Sandro Bondi, toscano di Fivizzano, Gaetano Quagliariello, Franco Mugnai (grossetano senatore uscente di An), Paolo Amato (senatore fiorentino di Forza Italia) Achille Totano (giovane senatore uscente di An), Massimo Baldini (ex sottosegretario alle Comunicazioni). In posizione meno facile Lucio Barani (parlamentare uscente del Nuovo Psi), e Franco Banchi (ex Udc, ora Popolari Liberali).
UMBRIA
CAMERA
Il Pdl candida l’ex comandante della Guardia di Finanza, il generale Roberto Speciale, rimosso dal suo incarico dal viceministro Vincenzo Visco e poi reintegrato dal Tar del lazio con conseguente bufera di polemiche e sue dimissioni finali. Poi il consigliere regionale di An Pietro Laffranco, il coordinatore regionale di Forza Italia, Luciano Rossi.
SENATO
Capolista il senatore di Forza Italia, Franco Asciutti, di Perugia ex presidente della Commissione Istruzione del Senato ed esperto di problematiche scolastiche. Poi da Alleanza Nazionale. Domenico Benedetti Valentini, avvocato di Spoleto. La consigliera regionale di Forza Italia, Ada Spadoni Urbani, anche lei nata a Spoleto. Infine Dario Guardalben, capogruppo al consiglio comunale di Terni.
MARCHE
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Dopo Berlusconi e Fini sono candidati il leader repubblicano Giorgio La Malfa, il coordinatore regionale di Forza Italia Remigio Ceroni, Carlo Ciccioli, Ignazio Abrignani, commissario liquidatore della Compagnia Italiana Turismo già candidato di Forza Italia nel 2001 e nel 2006. Saranno candidati anche Licia Ronzulli, medico fisioterapista, Simone Baldelli, deputato uscente di Forza Italia, Claudio Barbaro, presidente dell’Associazione sportiva italiana e membro dell’esecutivo del Coni.
SENATO
Capolista sarà Mario Baldassarri, economista, di An, nato a Macerata, laureato ad Ancona, ex viceministro dell’Economia del governo Berlusconi. Dietro di lui Francesco Casoli, senatore di Forza Italia, anconetano, Salvatore Piscitelli, Giulio Conti, deputato uscente di An, Francesco Massi, consigliere regionale ex Udc.
LAZIO
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Nel collegio Lazio 1 il Pdl punta su Gianni Alemanno e Fabrizio Cicchitto come capolista. Dopo di loro Beatrice Lorenzin; Luciano Pescante e il leader della protesta dei tassisti romani Loreno Bittarelli. Nel collegio Lazio 2, dopo i capolista Berlusconi, figurano Rocco Crimi; Giorgia Meloni; la ex portavoce del Family Day, Eugenia Roccella; il combattivo parlamentare di An, Fabio Rampelli; Gianfranco Conte; Cosimo Ventucci; Francesco Aracri; Giulio Marini; Antonello Iannarilli; Angelo Santori; Giuseppe Mochi; Giovanni Crescenzi e Fabio De Angelis.
SENATO
Capolista l’ex presidente del Senato, Marcello Pera, seguito da Maurizio Gasparri, già designato come futuro presidente del gruppo unico a Palazzo Madama. Terzo nella lista è Lamberto Dini seguito dall’ex sottosegretario alla Salute, Cesare Cursi. Al quarto posto un altro big, come il senatore Mauro Cutrufo, indicato dal Pdl come vicesindaco a Roma. E ancora: Andrea Augello; Giuseppe Ciarrapico in undicesima posizione, Domenico Gramazio, il sindaco di Anzio, Candido De Angelis e il consigliere regionale di Forza Italia, Stefano De Lillo.
ABRUZZO
CAMERA Subito dopo i due leader Berlusconi e Fini la candidatura forte di Maurizio Scelli, l’ex commissario straordinario della Croce Rossa italiana. Carla Castellani, medico ed esperta di problematiche dell’infanzia, per Alleanza nazionale. L’azzurro Sabatino Aracu; l’imprenditrice Paola Pelino di Sulmona, Fi; Marcello De Angelis, An; Daniele Toto, nipote del fondatore della linea aerea Airone; Giovanni Dell’Elce, ex sottosegretario alle Attività Produttive, Fi. E poi ancora Lorenzo Sospiri, ex presidente provinciale di An. Giuseppe Stanziale, vice coordinatore regionale di Forza Italia. Per An Etelwardo Sigismondi.
SENATO
Capolista il coordinatore regionale di Forza Italia, Andrea Pastore e subito dopo il coordinatore di An, Fabrizio Di Stefano. Seguono l’imprenditore, Filippo Piccone e il consigliere regionale, Paolo Tancredi, entrambi per Forza Italia. Gianfranco Giuliante, presidente provinciale di An, Patrizio Stornelli, medico di Avezzano, e Daniela Arcieri sempre per An.
MOLISE
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Nel Molise i capolista fanno eccezione alla regola. Dopo Silvio Berlusconi, infatti, non c’è Gianfranco Fini bensì la giovane larinese Sabrina De Camillis, capogruppo di Forza Italia alla Regione. Per An ci sarà invece Quintino Pallante, primo dei non eletti in regione. Essendo una regione poco popolosa, le liste sono ridotte all’osso. E i posti utili sono quello del capogruppo e, forse, quello del numero due in lista. Alla prova dei fatti non è tornato sulla scena Michele Iorio di cui si era ipotizzato un ritorno in Parlamento.
SENATO
Il Molise elegge due senatori, e visti i quozienti che bisogna ottenere, normalmente i seggi finiscono per essere assegnati uno al centrodestra e uno al centrosinistra. Quindi in pole-position c’è il capolista Ulisse Di Giacomo, medico-cardiologo, assessore alle Politiche per la Salute in Regione e coordinatore regionale di Forza Italia, seguito dal senatore uscente Gino Di Bartolomeo, già presidente della Regione.
CAMPANIA
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Nella circoscrizione Campania 1 dopo Berlusconi e Fini, nel posto d’onore dove avrebbe dovuto essere piazzato Antonio D’Amato figura il segretario del Nuovo Psi, Stefano Caldoro, seguito da Alessandra Mussolini; Italo Bocchino. Al quattordicesimo posto c’è Amedeo Laboccetta e al diciannovesimo il paracadutista e medaglia d’oro al valor militare, Gianfranco Paglia. In Campania 2 c’è Mara Carfagna, seguita da Nicola Cosentino e Mario Landolfi. Subito dopo il sesto nominativo è quello di Giancarlo Lehner, al settimo posto l’avvocato Nunzia De Girolamo, seguita da Edmondo Cirielli. In lista anche Michaela Biancofiore e Gennaro Malgieri.
SENATO
Per Palazzo Madama la capolista è l’ex governatrice di Nassiriya e inviata nel Darfur, Barbara Contini, oggi anche responsabile di Forza Italia per gli Italiani nel mondo. Dopo questa prestigiosa new entry c’è il senatore beneventano Pasquale Viespoli; il senatore di Forza Italia Pasquale Giuliano; il medico ed ex assessore alla Regione, Raffaele Calabrò. Sempre in Campania sono candidati Sergio De Gregorio, Vincenzo Nespoli e la giornalista del Tg1, moglie di Emilio Fede, Diana De Feo.
PUGLIA
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L’ex governatore della Puglia, Raffaele Fitto, per Forza Italia. Al quarto posto il senatore di An, Alfredo Mantovano, ex sottosegretario all’Interno ed esperto delle problematiche legate ai flussi migratori. Per Fi Antonio Leone, l’avvocato Donato Bruno; Luigi Vitali. Per An, Antonio Bonfiglio. Poi Pietro Franzoso e Andrea Lazzoni, Fi. L’industriale Francesco Divella, An, Simeone Di Cagno Abbrescia, ex sindaco di Bari, e Gabriella Carlucci per Fi. Italo Tanoni, un diniano. Carmine Patarino, An, Vincenzo Barba imprenditore, Fi, la presidentessa dell’associazione donne marocchine Souad Sbai An. Peppino Calderisi, Barbara Mannucci che copre il fronte dei giovani di Forza Italia. Infine Luca D’Alessandro, giornalista e capo ufficio stampa di Forza Italia.
SENATO
Capolista per An, Adriana Poli Bortone, ex sindaco di Lecce. Subito dopo Antonio Azzollini per Forza Italia. Giorgio Costa, Fi, ex sottosegretario alla Difesa. Carmelo Morra, l’imprenditore Francesco Maria Amoruso per An e l’imprenditore Pasquale Nessa Fi il senatore Salvatore Mazzaracchio di Forza Italia per An il consiglire regionale Michele Saccomanno. Luigi Grillo per Fi; Luigi Lettieri D’Ambrosio, presidente dell’Ordine dei Farmacisti regionale e Cosimo Gallo.
BASILICATA
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Dopo la coppia leader c’è il «Gianni Letta» di An, Donato Lamorte, storico consigliere di Fini. Lamorte è seguito da Vincenzo Taddei, già senatore di Forza Italia ed ex coordinatore regionale. Quinto posto per Giuseppe Moles, segretario particolare di Antonio Martino alla Difesa durante il governo Berlusconi e infine Mariano Pici, medico chirurgo.
SENATO
Primo della lista è il coordinatore regionale di Forza Italia e senatore, Guido Viceconte, al secondo posto il coordinatore di An, Egidio Digilio, al terzo il capogruppo di Forza Italia alla Regione Cosimo Latronico, a seguire Nicola Pagliuca, consigliere regionale di Forza Italia, poi il consigliere provinciale di Matera, sempre di Forza Italia, Paolo Castelluccio, e infine Lella Ferro, professoressa.
CALABRIA
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Per tentare di vincere in Calabria, il Popolo delle libertà mette in campo alcuni nomi pesanti. Dopo Berlusconi e Fini c’è l’imprenditore della moda, Santo Versace, seguito da Francesco Nucara segretario nazionale del Pri e dal coordinatore regionale di An, Giovanni Dima. Segue Giancarlo Pittelli (Fi) che ritorna alla Camera dopo una legislatura al Senato; Lella Golfo, presidente della Fondazione Bellisario. E poi Iole Santelli e la componente dell’ Antimafia, Angela Napoli. A seguire Pino Galati strappato» all’Udc e Ida D’Ippolito parlamentare di Forza Italia.
SENATO
Per Palazzo Madama è confermato capolista Francesco Nitto Palma (Fi) che dalla Lombardia arriva in Calabria, seguito da Giuseppe Valentino (An) e Antonio Gentile (Fi). Dopo di loro Vincenzo Speziali, industriale del cemento molto vicino a Marcello Dell’Utri, candidato in quota azzurra. E poi ancora: Francesco Bevilacqua (An) che rientra dopo una legislatura di fermo. E Mario Caligiuri che, come sindaco di Soveria Mannelli dal 1985 al 2004, ha fatto diventare il suo comune quello più informatizzato d’Europa. Una candidatura per la quale si è mossa anche la società civile.
SICILIA
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Per la Sicilia occidentale in terza posizione Gianfranco Miccichè, presidente dell’Assemblea Regionale poi il coordinatore regionale Angelino Alfano, entrambi provenienti da Forza Italia. Per Alleanza Nazionale c’è Giuseppe Scalia seguito da altri due esponenti azzurri: Enrico La Loggia e Pippo Fallica. In posizione privilegiata l’assessore al turismo della regione, Dore Misuraca, marito di Barbara Cittadini e dunque genero di Ettore Cittadini, ex assessore alla sanità. Subito dopo di nuovo An con Antonino Lopresti seguito da Gaspare Giudice. Per la Sicilia orientale l’ex ministro della Difesa, Antonio Martino, An, l’ex ministro delle Pari Opportunità, Stefania Prestigiacomo, Fi. Poi Carmelo Briguglio e Domenico Arezzo, entrambi An.
SENATO
L’azzurro Renato Schifani guida la lista Pdl. Poi Domenico Nania per An e il professor Carlo Vizzini, Fi. Tra i sicuramente eletti nelle posizioni alte della lista Giuseppe Firrarello, Antonio D’Alì, sottosegretario al ministero dell’Interno con il governo Berlusconi. Poi il magistrato Roberto Centaro, il Lumìa del centrodestra, seguito da Mario Francesco Ferrara, Salvo Fleres, Raffaele Stancanelli e, finalmente una donna, Simona Vicari, ex sindaco di Cefalù e unica donna presente nell’assemblea regionale.
SARDEGNA
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Due anni fa Forza Italia e An ottennero sei posti a Montecitorio. Questa volta i sondaggi indicano che non dovrebbe essere difficile per il Pdl arrivare a quota otto, mentre il nono e il decimo posto scatterebbero solo in virtù di una vittoria netta. La formazione alla Camera vede, dopo Berlusconi e Fini, l’ex presidente della Regione, Mauro Pili; Bruno Murgia (da An); Salvatore Cicu; Giuseppe Cossiga; Carmelo Porcu; Piero Testoni; il sindaco di Olbia Settimo Nizzi; l’attore Luca Barbareschi; Paolo Vella; Giovanni Marras; Ada Lai; Maddalena Calia; Antonella Sedda; Ida Sarrizu; Sisinnio Piras e Davide Billai.
SENATO Nella lista per Palazzo Madama scontate le conferme di Beppe Pisanu come capolista e degli uscenti Mariano Delogu, Piergiorgio Massidda e Fedele Sanciu. Al quarto posto entra, però, il segretario del sindacato autonomo di Polizia, Fillippo Saltamartini. Gli altri nomi (a rischio) sono quelli di Silvestro Ladu, già consigliere regionale nel gruppo Fortza Paris; Battista Corda, capogruppo di Forza Italia in consiglio provinciale di Nuoro; la dirigente comunale Ada Granata e Anna Casula

domenica 9 marzo 2008

L’ipocrisia dell’indignazione: Berlusconi strappa il programma del Pd


L’indignazione è solitamente un sentimento positivo. Si tratta della sana incazzatura per ciò che non è decoroso. Ci si può indignare per un’ingiustizia, una violenza, una mancanza di rispetto. C’è poi chi finge di indignarsi. Di solito lo fa chi è abituato a chiudere entrambi gli occhi per ogni tipo di nefandezza ed addita al pubblico biasimo un comportamento sconveniente per il perbenismo classico per cercare di trarne beneficio.
Come si distingue il primo dal secondo? Il primo insorge come un moto di ribellione quando la classica goccia fa traboccare il vaso. Il secondo, invece, si fonda sullo scuotimento teatrale di una testa e lo sguardo di commiserazione: “noi non l’avremmo mai fatto, noi siamo brava gente e ci scaldiamo sempre con misura”.
Diciamocelo chiaramente: non perderei un istante a parlare del fatto Berlusconi abbia strappato due fogli di carta a Milano. Era un colpo di teatro, una sorta di esemplificazione delle parole che ha usato, tacciando la sinistra d’infedeltà verso gli impegni presi. Puro spettacolo. Nel momento in cui il Pd si indigna, però, comincio ad indignarmi io. Ci sono miliardi di cose che dovrebbero farvi incazzare dieci volte di più del gesto che ha fatto Berlusconi al Palalido a Milano. Ne avete una gamma talmente vasta… Invece cavalcate il senso comune, preferite rimproverare il ragazzino che, a tavola, mangia con le mani. Se la politica sta diventando questione di facciata, un ballo in maschera in cui prendersi, mollarsi e cercare di fregare la donna a un altro –tutto con molta cortesia- perdonerete se una persona che ancora s’indigna davvero vi lasci alle vostre piroette ipocrite e si dedichi ad altro.

venerdì 7 marzo 2008

Marianna Madia e Barbara Matera: Saranno Famose


Marianna Madia si lamenta oggi su Repubblica per essere stata crocefissa per la candiatura. Ma poveriiina! Lasciatela stare deve crescere! Certo se doveva crescere poteva pure evitare di farlo in Parlamento. Anche perché di questi spot elettorali si fatica a comprenderne il senso. Doveva essere giovane? Doveva essere donna? E perché proprio la Madia? Il punto è che in parlamento si è smarrito il concetto di rappresentanza politica (il che implica una selezione elettiva) e lo si è sostituito con quello di rappresentanza corporativa (quota panda donne, meglio se giovani neolaureate). E si vorrebbe, da parte di codesta gente, che non si possa neppure giudicarli? Dopo un terno al lotto di questo genere (15 mila euro al mese per 5 anni, più extra) qualcosa lo dovrai pure provare no?
Dall’altro lato spunta a sorpresa Barbara Matera. Una figura di intellettuale di spessore. Notti sul ghiaccio, la domenica del villaggio, la letteronza. Anche questa si deve fare? Anche questa non si può giudicare? Magari sono geni inespressi, magari sono ragazze prodigio della politica italiana. Non dico di no. Solo che lo dovrebbero dimostrare prima, non dopo. Se no ai ragazzi di venticinque anni non andate a parlare di merito. Perché sono convinto che preferirebbero essere sottorappresentanti come “classe” piuttosto che essere rappresentati da pie donne che hanno incrociato lo sguardo del maestro.

giovedì 6 marzo 2008

Luca Barbareschi candidato di An in Sicilia

Prime anticipazioni nel totoliste. Voci autorevoli parlano di una candidatura alla Camera del noto attore Luca Barbareschi in Sardegna al quinto posto nella quota di Alleanza Nazionale.


ELEZIONI: MASTELLA, RINUNCIO A CANDIDARMI ALLE POLITICHE

(ASCA) - Roma, 6 mar - ''Sconfitto prima ancora di essere
probabilmente sconfitto sul campo, rinuncio a candidarmi''.
E' l'annuncio del leader dei popolari-Udeur, Clemente Mastella.

Il pdl non cambia palinsesto


Oggi, come sempre accade in campagna elettorale, le notizie sono rimbalzate come proiettili impazziti. Nel frullatore sono caduti i dissidi interni al Pd con i radicali, la retta via smarrita di Selva, la ‘nuova’ candidatura di De Mita e quella della Pricipessa Borghese (avanti Savoia! Dopo gli Sforza-Ruspoli della scorsa tornata, aspettiamo che i Colonna corrano contro gli Orsini per il Comune di Roma), i ripescati di Veltroni (sacrosanti una volta tanto) e i suoi ‘nuovi’ progetti (un’impresa in un giorno… dove l’avrò già sentita?). Fatti rilevanti, ma non decisivi.
Per gli amanti delle notizie bomba, invece, segnaliamo anticipatamente la giornata di domani: novità sul Governo Prodi e, in serata, si attendono le liste del Pdl (a meno di ulteriori slittamenti). Ci sarà molto su cui commentare. Nani e ballerine? Gli uni, le altre e qualcosa di più. Volete cambiare il programma? Rete Quattro, Canale Cinque, Italia Uno. Scegliere!

La tremarella prima delle liste


A destra la terra trema. Mentre si conoscono già molte indiscrezioni nella parte di liste del Pdl di competenza di Forza Italia, da An le voci sono molto più misurate. Generali a parte, la tendenza dovrebbe essere quella di una complessiva riconferma degli uscenti. Qualche new entry è prevista in Veneto, in Puglia, nel Lazio.

L’aria si può tagliare a fette con il coltello e qualcuno ha paura di una sorpresina dell’ultima ora. D’altra parte questi sono i momenti in cui saggiare la resistenza delle alleanze con i colleghi, dato che certamente i territori non hanno voce in capitolo.

Aspettando le liste si vive quel clima da giorno prima dell’uscita dei voti alle superiori. C’è chi sai che passerà, chi temi che sia bocciato, ma tu che stai sul confine, con qualche insufficienza qua e là, che fine farai? Allora partono le telefonate al santo che puoi vantare nel comitato ristretto che prende le decisioni. Né troppe, né troppo poche. E intanto ti aggiri inquieto non sapendo se restare a Roma o tornartene a casa. A chiunque dici che, in fin dei conti, anche se vieni fatto fuori, troverai il modo di cavartela. “Io non ho mai chiesto nulla a nessuno! E stavolta, dover domandare qualcosa e affidarmi agli altri mi fa sentire in un modo…”.

Nelle persone che si caratterizzavano per spocchia e senso di superiorità vedi apparire qualche segno di umanità. Fanno la battuta, sorridono, sdrammatizzano. Si riscoprono mortali, fragili, vulnerabili. E per una volta cercano il calore umano.

Ah, ci fosse ogni giorno l’uscita delle liste!


mercoledì 5 marzo 2008

Il modello Lesotho


E’ un processo che va avanti da molto, moltissimo tempo e siamo giunti ormai al culmine della rivoluzione: il nostro sistema non può più dirsi parlamentare. Bisogna prenderne atto. Il potere del Parlamento sull’Esecutivo conosce in ogni sistema democratico dei contrappesi in modo da imporre la governabilità: in alcuni Stati vi è l’investitura diretta del capo dell’Esecutivo e non vi è dunque la fiducia (ad es. Stati Uniti), in altri vi è la fiducia ma esistono forme di dissuasione al suo uso indiscriminato come il potere di scioglimento delle Camere al Primo Ministro o la sfiducia costruttiva (ad es. Germania).
In Italia, ove vige un sistema di democrazia parlamentare a bicameralismo perfetto, l’assenza di ‘armi’ per il Governo ha portato, con altri fattori, ad un’instabilità cronica. Potevamo dividerci sulle ricette da adottare, invece ecco presentarsi la vera cura: il potere di nomina del Parlamento in mano al candidato Primo Ministro. Un metodo rivoluzionario che potrebbe solo apparentemente sembrare datato (ricordiamo che durante la Monarchia il Senato del Regno era di nomina regia… restava la Camera ad essere elettiva, ma oggi abbiamo risolto questo inconveniente). Dopo una fase di collaudo poco riuscita col Governo Prodi, questa volta speriamo in una migliore resa dopo importanti ed efficientistici aggiustamenti: la nuova versione riveduta e corretta vede la drastica riduzione dei partiti nelle coalizioni e l’eliminazione di qualsivoglia possibile dissenziente.
Dopo che Berlusconi ha sollevato la questione dell’inutilità di più di 30 persone preparate nelle Camere (se no litigano), il rivale Veltroni ha dato pratica realizzazione al progetto di epurazione di qualsivoglia testa pensante per sostituirla con una schiera di segretari (come asseriva ieri anche la Velina Rossa!) e di ragazzini/e con un peso politico e morale pari a quello che può avere il Lesotho nell’Assemblea Generale dell’Onu (senza offesa per i Lesotiani). Uno spot per ogni categoria: la fanciulla bella e brillante con 110 e lode (ce ne sono altre 10 mila), l’addetta al call center (per giunta fasulla), il giovane industriale (figlio di), il rampante industriale, una selva di sindacalisti e portaborse dei big (l’intero staff di Palazzo Chigi). Gente che magari qualcosa ne sa, per carità. Ma senza interessi o un elettorato da rappresentare. Senza la forza e l’esperienza soprattutto.
Confidiamo che anche Silvio si adegui e garantisca finalmente una piena governabilità sostituendo l’inutile orpello del rappresentante del popolo con più utili e funzionali robot antropomorfi che possano schiacciare in sincrono il giusto bottone. Ci costerebbero pure meno!