venerdì 29 febbraio 2008

Pina Picierno, piccoli De Mita crescono


Dalla lettera di San Paolo Apostolo ai Romani (Corriere della Sera 29/02)
Sarà una giovane di 26 anni, Pina Picierno, la capolista del Partito Democratico in Campania «laddove si sarebbe dovuto candidare De Mita».
Chi è - Picierno, originaria di Teano (lo zio fu sindaco dc di quella città del Casertano), è stata presidente federale dei giovani della Margherita. Finora si è divisa tra la passione per il volontariato nella Croce Rossa, la politica e il lavoro di consulente in comunicazione, oltre a collaborare con la cattedra di «Metodologia e Tecniche della Ricerca Sociale» all’Università di Salerno. Ama i gatti, la cioccolata e la poesia. In un blog di Dario Franceschini rivelò che conclude le serate con i versi di Neruda e un cucchiaio di Nutella: «In assoluto i miei preferiti».
La curiosità - La cosa più curiosa, tuttavia, è che Pina Picierno si è laureata in Scienze della Comunicazione con una tesi sul linguaggio di Ciriaco De Mita. Ora invece, dovrà sostituire proprio il suo «mito» che, magari, sarà suo avversario nella circoscrizione Campania2. Tentando di batterlo, dopo averlo tanto studiato.
L'anzianità del leader - Fino a pochi mesi fa, la Picierno aveva sostenuto che non c'era leader migliore di Ciriaco.

Che dire di Pina Picierno? Alcuni giurano di averla vista camminare sulle acque ed è quasi certo che, nel giorno del suo diciottesimo compleanno, una colomba bianca comparì sulla sua testa per qualificarla come l’unta dal Signore. Si sussurra che uno dei suoi hobby sia quello di andare a rimboccare le copertine ai bambini negli ospedali e che legga loro le favole. Ma continuiamo a leggere altri passi che riguardano questa figura luminosa che tanto ha dato al mondo e ce seguiterà ad additarci, con le sue opere, la via verso il paradiso in terra. Una persona che tutto da e che nulla ha mai chiesto per sé.

Corriere della Sera 27/05/2007
La delusione per la mancanza di under 30 dal Comitato dei 45 del futuro Partito Democratico
MILANO — Arrabbiatissimi. Furenti. Delusi. Tanto che adesso affilano le armi per una «vendetta»: presentare il 14 ottobre (primarie del Pd) la loro lista. Tutta di giovani. Pina Picierno, segretaria nazionale giovani Dl, e Fausto Raciti, suo omologo per i Ds, ci stanno pensando dall'altro ieri, giorno di ufficializzazione del Comitato dei 45. Da allora sono sul piede di guerra: tra i prescelti, infatti, non figura un solo under 30. E questa decisione ha fatto esplodere proteste un po' dappertutto.

Una ragazza che ha sempre avuto fiducia nel suo leader
(DIRE) Roma, 20 apr. - Veltroni? No, grazie. E le primarie? Risolverebbero poco, anzi a Idee chiare tra i giovani della Margherita presenti a Roma nello Studio 5 di Cinecitta' per il congresso nazionale del partito. Dal palco Rutelli e Prodi si rivolgono spesso a loro, parlando di futuro e nuove generazioni. E loro, ascoltati gli interventi, pensano gia' al nascente Partito democratico. A come lo vorrebbero e a come si augurano non diventi.
Tutti assicurano che non si tratta della "paura dei rossi" che entreranno con loro nel Partito democratico. Anzi, Pina Picierno, 25 anni, presidente nazionale dei giovani della Margherita, apre agli esponenti Ds: "Alla leadership del Pd ci vedrei bene D'Alema o Anna Finocchiaro". Ma, anche per lei, Veltroni "non sarebbe
l'uomo giusto"

Insomma, una giovane entusiasta, disinteressata, che ha condiviso e sostenuto il percorso del Partito Democratico
Roma, 26 set. - (Adnkronos) - I giovani della Margherita annunciano che, in segno di protesta, non faranno parte delle liste per le primarie del 14 ottobre. In una lettera a Walter Veltroni, che
verra' pubblicata domani su 'Il riformista', i giovani dielle spiegano le ragioni della loro decisione, legata alla scarsa presenza di ragazzi in lista, e accusano Giovanna Melandri di non aver ascoltato le loro istanze per quanto riguarda la lista 'Ambiente, innovazione,lavoro'. "Caro Walter, e' inutile nascondercelo, lo spirito con il quale ci avviciniamo allo storico appuntamento del 14 ottobre e' profondamente mutato in queste ultime settimane. La passione ha dovuto fare i conti con la realta', l'entusiasmo ha, in troppi momenti, ceduto il passo alla delusione", scrivono Pina Picierno, Luciano Nobili, Gian Luca Lioni e Luigi Madeo.

Una candidatura che certo l’avrà lasciata sorpresa e che non è stata né voluta né programmata
ANSA) - ROMA, 27 FEB - ''L'ultimo sondaggio del professor Mannheimer riportato oggi dal Corriere della Sera, evidenzia come nelle intenzioni di voto il Pd con il 31,4% sia il primo partito anche tra i giovani, distaccando di 10 punti percentuali il Pdl, il cui elettorato e' evidentemente piu' anziano di eta'''. Lo afferma Pina Picierno, del Partito democratico.
''Un dato importante - prosegue la giovane esponente del Pd - che conferma come il partito democratico sia in sintonia con le giovani generazioni, grazie alla ventata di innovazione e speranza introdotta nel panorama politico italiano. I 'nuovi italiani' - conclude la Picierno - hanno le idee molto chiare quando si offre loro una politica coraggiosa, capace di ascolto e di attenzione''

Ecco, ecco le parole che vorrei sentire dal politico che mi deve rappresentare!
Ho una emotività molto forte, a tratti instabile, che mi fa faticare non poco a “reggere”. Per questo vivo sospesa tra la ricerca del giusto equilibrio e la mia naturale e insistente passionalità. Mi fa paura il silenzio, ancora di più l’indifferenza. Convivo con un gattino fantastico, Miciolo, che riesce sempre e comunque a farmi sorridere. Adoro il buon vino, mangiare bene (e tanto!) e non saprei mai rinunciare alla mia dose quotidiana di cioccolata e di poesia: mi consolo a fine giornata con un Kinder Bueno e con i versi di Pasolini e Leopardi. Mi esalto solo con Neruda e la Nutella, in assoluto i miei preferiti..!!

Quando volete… ho 25 anni, sono laureato in Scienze Politiche con una tesi sui neoconservatori americani in Metodologia delle Scienze Sociali, lavoro anch’io nella comunicazione politica, ho avuto uno zio sindaco Dc e in più ci metto uno zio prete e una zia suora. Non ho mai rotto le palle a nessuno per farmi candidare, perché ho sempre pensato di dover essere a disposizione, non di dover impormi.
Anche a me piace la Nutella, ma, pensatene ciò che volete, con Pasolini e Leopardi non riesco a tirarmi su quando sono triste. Tra parentesi, non credo che fosse neppure quella la loro intenzione. A me piacciono Hemingway e Montale, non ho spazio per tenere animali a casa (infatti io convivo con altri due ragazzi e Miciolo non saprei dove mettermelo), ma una volta ho avuto un pesce rosso. Adoro il buon vino, mangiare bene (e tanto!), ma non ho la fortuna di avere il tuo metabolismo, cara Pina.
Pina, Pina, rispondimi tu, perché non fai candidare pure me?

giovedì 28 febbraio 2008

Il Pd e la Camera (dei Fasci e) delle Corporazioni


Chi mi conosce sa che, nonostante io sia di destra, cerco di parlare della politica italiana in modo abbastanza obiettivo. Per questa ragione credo di non poter essere contraddetto se dico di essere a volte più severo con la mia parte politica piuttosto che con l’altra.
Questa volta, però, devo rientrare nei ranghi perché ciò che sta facendo Veltroni, infilando tanti pezzi di “società civile” nelle liste, non solo non intimorisce la destra, ma è oggettivamente frutto di una degenerazione della politica. L’Italia è terra degli estremi, dei bianchi e dei neri. L’ha detto molte volte anche il Segretario del Pd, condannando questa tendenza. Ebbene, Uolter Texas Ranger ha voluto replicare alle accuse verso la casta prendendo l’uomo della strada e infilandolo in Parlamento. Se non sbaglio un tale atteggiamento può essere classificato sotto il nome di demagogia.
Per svecchiare la politica, per innovarla Uolter Texas Ranger ha presentato al loft di Sant'Antastasia le candidature di Antonio Boccuzzi, l'unico sopravvissuto al rogo della Thyssen di Torino, di Loredana Ilardi, operatrice di un call center di Palermo, e Franca Biondelli, lavoratrice in una Asl di Novara. Come dire che per eliminare il problema delle baronie e del nepotismo all’università si possono mettere in cattedra il salumiere, l’elettricista e la parrucchiera. Chi potrebbe negare che anche questi hanno qualcosa da insegnare?
Ci sono altri due punti deboli in questo tipo di candidature. Anzitutto sono sostanzialmente operate a casaccio: perché proprio Loredana Ilardi e non un’altra operatrice? Chi l’ha delegata a rappresentare la categoria? In secondo luogo vi è quel riferimento “al partito dell’Italia che lavora”… capisco le suggestioni labour, ma la rappresentanza delle categorie (su scelta del Partito) era una caratteristica di destra qualche decennio fa. Liste bloccate, partito unico, Italia che lavora, corporazioni in Parlamento. Non è che Veltroni vuole portar via voti alla Santanchè?

martedì 26 febbraio 2008

La quaresima di Alemanno


La via crucis di Gianni Alemanno comincia oggi. E meno male che Giovanni è amante delle salite! C'è chi sussurra che l'ex ministro dell'Agricoltura del governo Berlusconi non sia stato troppo felice di questa scelta obbligata. Come non capirlo? Le incoerenze di una simile candidatura peserebbero su chiunque, soprattutto dopo la disfatta subita la scorsa volta.
Roma non è più quella degli anni Settanta e le manifestazioni in ricordo dei martiri della Destra missina e neofascista sono sempre più distanti dal sentire comune. Prova ne sia che il fratello dei martiri di Primavalle era sul palco con Uolter ad abbracciare la madre di Valerio Verbano e non ad una fiaccolata per non dimenticare. La destra di Alemanno somiglia poco alla destra di Fini e ancor meno alla destra di Berlusconi. E' molto simile, invece, a quella di Storace, da cui, però la divide un litigio fatale tenutosi nell'ultimo anno di Governo quando i due erano rispettivamente alle Politiche Agricole e alla Salute.

Alemanno oltre a non interpretare il sentimento nuovo della città dovrebbe strapparla dall'abbraccio della sinistra che troppo profondamente ha saputo far leva sulle necessità dei romani. Che non sono solo riassunte nel celeberrimo "panem et circenses". Rutelli prima, col Giubileo (e col supporto delle gerarchie cattoliche) e Uolter dopo hanno regalato un sogno di grandezza per Roma. Nuove opere, eventi che -almeno in apparenza- la portano al centro del mondo. Se il Comune non disponesse dei fondi destinatigli dalla legge per Roma Capitale sarebbe al collasso, ma non importa. Ognuno fa con ciò che ha e che riesce ad avere. Al civis romanus non basta guardare all'Altare della Patria per farsi correre un brivido: servono epiche notti bianche, colossali Auditorium che perdono milioni all'anno, Feste del Cinema cui far accorrere a pagamento le star hollywoodiane.
Alemanno ha completamente mancato il bersaglio nella scorsa campagna elettorale, portandosi sul terreno di Uolter. Ha condotto in maniera fallimentare l'opposizione (tra le altre cose ha il primato per assenteismo in Consiglio Comunale), facendosi scavalcare, nella capacità di mobilitazione e d'iniziativa, dall'ottima Giorgia Meloni. Ha dimostrato in tutti i modi che non è disposto a scommettere esclusivamente sulla città e si è tenuto di scorta una candidatura in Parlamento e la promessa di un Ministero in caldo per lui. Adesso basta con le celtiche. Anche perchè è provato ormai che "O Roma, o morte" sono solo parole. Al massacro forse stavolta riusciremo a far seguire qualcosa di meglio. Io, ad esempio, punto su Giorgia Meloni.

lunedì 25 febbraio 2008

Alemanno vs. Rutelli, Lombardo vs. Finocchiaro: il ritorno


Ci stanno provando in tutti i modi: ci vogliono strappare l'entusiasmo di occuparci di politica. Se a livello nazionale si fa ogni sforzo possibile per consumare appieno una deriva plebiscitaria, a livello locale si operano scelte perfettamente in linea con quel dato di fatto che si vorrebbe in ogni modo negare: le gerarchie di partito sono rimaste talis et qualis. Due dati in contrasto tra loro? No. Qualunque leader ha bisogno di un establishment accondiscendente. Stalin lo sapeva bene: è per questo che, nell'estremo tentativo di non permetterne il consolidamento, periodicamente lo "rinnovava". Così Berlusconi e Veltroni sfoltiscono i poteri intermedi, mantenendo necessariamente le oligarchie di partito che si dimostrano acquiescenti. Guardiamo alla storia: Cesare nel momento in cui assunse il potere a Roma inserì in Senato un bel po' di nuove leve prese dall'ordine equestre in modo di ridimensionarne il potere.Ma al tempo stesso perdonò molti pompeiani di cui desiderava l'appoggio come, per esempio, Cicerone. Non è che Veltroni e Berlusconi abbiano studiato la storia: è semplicemente ciò che ogni leader, avendone la possibilità, farebbe: togliersi dalle scatole il maggior numero di possibili disturbatori. Veltroni e Berlusconi hanno avuto questa occasione ed hanno agito. Se non siete ancora convinti basta che guardiate alle candidature nei posti che contano. Non c'è che dire, bel rinnovamento! In Sicilia Lombardo, sostenuto da Cuffaro, candidato del Pdl e la Finocchiaro (donna che stimo moltissimo e che voterei, ma che non può certo dirsi nuova) del Pd. Miccichè ministro (io sto nome me lo ricordo già, chissà com'è?). A Roma, udite udite, due new entries assolute: Rutelli vs. Alemanno. Dopo tutto sto repulisti qualche cambiale andava pure pagata.

domenica 24 febbraio 2008

Le Uolter's angels


Non è mia abitudine essere volgare. Sul serio, non quando scrivo almeno. Ma in questi giorni si stanno ridestando in me delle onde alte e spumeggianti di trivialità da associare ai singoli fatti che odo riecheggiare nella grande stalla muffa degli ambienti politici. Ve lo garantisco: ognuna da denuncia.
Ora vi invito a leggere l'agiografia redatta dal Corriere sulle Walter's angels... Da vomito. "E' triste se scriviamo che ho preso 110 e lode?". No cara, solo per chi ritiene che un politico si misuri su altri dati. Solo per chi pensa che questa nuova versione di rampantismo da titolo di studio sia squallido. Solo per chi sa che ci sono persone intelligentissime e coltissime che non sono laureate. Tra cui proprio il Walter che vi tira fuori l'anima.
Ma sapete quanta gente della stessa età potrebbe meritarselo più di voi? Quanta gente ha preso 110 e lode? Come funziona? A sorteggio? Aiuta il fatto di essere carine o è solo una piccola eccezione alle leggi della probabilità che tutte queste ragazze acqua e sapone lo siano?
... ma vaffanculo!

sabato 23 febbraio 2008

PS Su Marianna Madìa

Onestamente ed in modo del tutto anonimo (quindi senza secondi fini). Marianna Madia non può vantare neppure mezzo merito maggiore ai miei. Uniche sue virtù supplementari: essere figlia di una persona scomparsa vicina a Veltroni, aver conosciuto (per questo) persone più influenti di quelle che ho conosciuto io, essere donna. Ora ditemi perchè dovrei versare una lacrima su questa candidatura. Anche senza mettermi in mezzo (dato che nel Pdl servono requisiti diversi) ho amici e colleghi nel Pd che potrebbero essere molto più titolati di questa ragazza, ma non sono segretari di Enrico Letta. Perchè lei sì e loro no? Io non metto in dubbio che sia una brava ragazza (non la conosco), ma c'è di meglio, molto meglio. Ma si sa: affidabilità e fedeltà sono doti molto apprezzate oggigiorno. E sono ottimi biglietti da visita: basta ribattezzare il tutto sotto il nome di "meritocrazia". Eppoi... mai che scelgano una brutta eh? Fatemela conoscere, fatemela apprezzare.. ma sono molto scettico.

Se vuoi far politica non fare politica


Quali saranno le candidature dei partiti in campo non è ancora possibile saperlo e dunque ragioniamo sul vago. Certo che se il buon giorno si vede dal mattino, è difficile dire che sarà una giornata radiosa. I criteri tra i due schieramenti maggiori (almeno questi) sembrano ben diversi: da una parte si punta sulla società civile, dall’altra sui vip. In realtà a ben guardare anche la società civile del Pd rappresenta più che altro dei veri e propri spot. Ben pagati, peraltro, se si presta attenzione a ciò che diceva la Velina Rossa riguardo alle cifre che il Partito di Veltroni si farebbe pagare per una candidatura in un seggio corazzato. Però, però, però… in questi ultimi giorni tutto sembra in cambiamento, in vorticoso e totale rinnovamento. E non serve ogni volta consumere il nome de Il Gattopardo per dire quali sospetti diano adito a tutte queste danze furibonde. Siamo in mezzo al guado ed i segnali sono quelli di un mutamento di comunicazione nella politica più che di una sostanziale innovazione. Le oligarchie vengono solo sfiorate da questo tsunami distruttore. Ma c’è un dato nuovo che viene ignorato e che spiega tanti sacrifici dei nostri matusalemme politici. I nuovi segnali si coglievano ancor prima della formazione di Pd, Pdl, cose rosse e cose bianche e poco dipendono dalla volontà dei singoli quanto ad una trasformazione della Costituzione materiale, ossia della Costituzione che sussiste di fatto, indipendentemente dalla Carta fondamentale. E’ indubitabile: stiamo assistendo ad un ridimensionamento del ruolo del Parlamento. Camera e Senato, onorevoli e senatori sono tutti travolti da un depotenziamento che i protagonisti conoscono bene: la carica in sé non conta più nulla. Perché? Si può parlare di cause e concause, ma fondamentalmente la ragione sta da una parte nella progressiva diminuzione della presenza dello Stato nell’economia (e questo spiega anche perché al suo posto è aumentata la politica) e dall’altra nell’emergere di poteri concorrenziali sia a livello nazionale (Agenzie, Regioni, Province, Comuni) sia a livello internazionale (Unione Europea, accordi internazionali sul commercio e l’ambiente). Inutile poi parlare degli altri contropoteri, che in fin dei conti sono sempre esistiti. Sarà per queste ragioni, sarà per la conformazione del sistema, finora bipolare, ma la nostra Repubblica Parlamentare, mentre da una parte delegava sovranità concedeva i poteri restanti al Governo che diveniva il vero attore del sistema politico. Non serve fare lezioni di diritto parlamentare per verificare questo progressivo svuotamento di potere dell’Assemblea Elettiva: basta pensare a cosa può fare un parlamentare di fatto: presentare interrogazioni e affini (cui raramente si da risposta), proposte di legge (che rimangono praticamente sempre lettera morta) e votare in aula (con un voto singolo che solo al Senato questa legislatura si è dimostrato determinante… ma andate a chiedere ai deputati quanto può valere uno dei loro). La forza sempre maggiore che si tende a conferire ai leader in modo diretto o indiretto, con le primarie o con l’indicazione del nome sul simbolo, stanno sempre più ad indicare che poco importa l’equilibrio democratico all’interno dei partiti, ma che si preferisce invece consentire derive plebiscitarie. Oggi sarebbe difficile immaginare all’interno del Pd una dialettica simile al vecchio Pci e sarebbe tantomeno concepibile vedere nel Pdl, quale che sia il suo destino, un Congressu sul modello della vecchia Dc. Qualcuno dirà purtroppo, qualcuno dirà meno male, ma stiamo entrando definitivamente in un’altra epoca che supera definitivamente la transizione bizzarra della Seconda Repubblica. Non ci si dividerà più sull’ideologia, l’elettorato diventerà sempre più mobile, assumeranno sempre più importanza le procedure della selezione dei leader all’interno dei partiti. E – venendo al Parlamento – i leader sceglieranno per Camera e Senato dei gregari, dei passisti che tirino la volata finale. Gli scalatori senza squadra saranno falcidiati sulla salita, quelli che possono andare ad insidiare o a disturbare il leader designato saranno invece fatti ministri o dirigenti. A scomparire dalle Assemblee Nazionali saranno tutto il ceto medio della politica, i signorotti delle tessere, senza speranza di fare la differenza a livello nazionale, ma capaci di spostare una provincia. Con partiti grandi come quelli attuali, avere 100 mila voti (che per i cultori del genere sono un’irrealistica enormità) significa avere in mano meno dell’1% della formazione. Il consiglio è quindi il seguente: se volete fare politica, non fate politica.

lunedì 18 febbraio 2008

Di chi è questo Pdl?

Sono onesto, ho anche pensato di non votare Pdl, un soggetto in cui non mi riconosco. E non si tratta di un sentimento nostalgico, nè del consequenziale moto di rigetto a qualsiasi cambiamento di un conservatore accanito. Ciò che contesto sono i modi. Fini, il mio Presidente, dice che questo Partito nasce dalle urne. Almeno non volesse far fessa la gente con ste corbellerie! Questo Partito nasce da una SUA manovra politica per appagare la SUA ambizione. Così com'è stata concepita non è altro che un magheggio, un'operazione di marketing e nulla più. Una fusione a freddo accelerata perchè c'erano le elezioni, la scommessa fatta dalla leadership di un rinnovamento fasullo che cancellasse l'antipolitica conservando i posti che contano per i soliti noti. A questo punto mi sembra un po' più coerente la manovra del Pd che almeno un percorso l'ha fatto. Certo sono dei grandi ipocriti anche dall'altra parte, ma almeno un minimo in più di partecipazione c'è stata. Hanno subito momenti traumatici, hanno buttato fuori un sacco di gente, hanno dato al partito un assetto verticistico facendo fuori tessere e uomini forti ed inserendo perfetti sconosciuti. Però qualche motivo di cambiare nome al partito almeno l'hanno trovato!Noi invece ci troviamo in una situazione di ZERO democrazia interna: partito imposto dall'alto, candidato premier scontato, quadri imposti, liste imposte (con molti spot pubblicitari di nessun conto tipo il generale Speciale). E' davvero questo che vogliamo? E' per questo che dovrei fare campagna elettorale? Ma se non sono convinto io chi dovrei convincere?

sabato 16 febbraio 2008

Ed ora?

Che cosa sta accadendo? Fatico io stesso a capirlo. Ho parlato più volte di Terza Repubblica, anche se nulla, come sempre, è cambiato. Resta la legge elettorale di ieri, la Costituzione dell’altro ieri, gli stessi regolamenti parlamentari. Ma oggi, esattamente come accadde nel 1993-94, sono i partiti a cambiare.
Ciò che sta avvenendo è una strategia volta a far fuori tutti i più piccoli attori nel panorama politico e a lasciare intatti pochi attori tra cui due interpreteranno la parte del leone. Il nuovo assetto è fragile perché nasce soltanto da una volontà e, pertanto, può essere dissolto dalla routine, nemica delle salde determinazioni. Può essere consacrato, però, dalle riforme che si faranno la prossima Legislatura. Questo dal punto di vista partitico ed istituzionale.
Dal punto di vista politico, però, le cose non sono così semplici. Alla volontà di ridurre i protagonisti del sistema ed eliminare i partitini-ricatto si affianca lo smarrimento delle identità. E qui cominciano considerazioni strettamente personali che possono o non possono essere condivise, ma che restano altrettanto valide. Io mi sono sempre ritenuto un conservatore. Un conservatore, diciamo così, un po’ nazionalista. E per questo motivo non ho mai sentito veramente mi nessuno degli schieramenti politici italiani. Alleanza Nazionale era, però, quello che ci assomigliava di più. Non mi riconoscevo negli estremisti, in coloro che tuttora pensano che Israele sia il male, che sono contro gli Usa senza se e senza ma e che non bevono la coca-cola (ci sono, ci sono). Ma c’erano molti che capivano la necessità di una svolta, di un cambiamento. La svolta di Fiuggi, in tal senso era un buon inizio. Poi si è cominciato a parlare di Partito Popolare Europeo. Badate bene: niente contro il Ppe, solo che questo mi descrive meno di quanto faceva Alleanza Nazionale. Perché il Partito Popolare Europeo nasce da esperienze politiche suggestive, ma non è a sua volta un’esperienza politica suggestiva. Perché io avrei votato Dc quando c’era De Gasperi e fino al Governo Tambroni, ma poi sarei stato sempre meno convinto nel farlo. Perché nonostante sia un cattolico e un moderato, credo in valori che non sempre esigono la moderazione.
Quando ci si accosta ai diversi sistemi partitici spiegano che un assetto bipolare è scarsamente polarizzato. Il che significa che i due partiti che lo compongono si assiepano al centro per carpire il voto del cittadino mediano. In tal senso vanno spiegate le furbe affermazioni di Veltroni “il Pd rinunciando alla sinistra radicale si è avvicinato al centro, il Pdl perdendo l’Udc va a destra”. Tuttavia significa anche che quelli di destra che non sono nostalgici si sentiranno orfani. Orfani di un soggetto che in Italia non c’è e di un’identità che, dentro Alleanza Nazionale poteva tranquillamente esistere. Il futuro è tutto da scrivere. Ma ora quell’identità a mio parere, non è più patrimonio esclusivo di alcuno. Con Alleanza Nazionale è archiviato anche il mio voto di appartenenza.


«Non si può derubricare il Pdl a un accordo elettorale», perchè «è un percorso che troverà il suo momento più alto nel Congresso che credo debba essere celebrato in autunno e solo lì An si scioglierà definitivamente. È la prima volta che un soggetto politico nasce non per una scissione, per un accordo tra partiti o per un'alchimia, ma nelle urne per espressa volontà del popolo italiano». Gianfranco Fini apre così la direzione del partito chiamata a ratificare la decisione di dar vita ad una lista unica con Forza Italia. «Non si tratta di un fulmine a ciel sereno», spiega il leader di An, non è affatto «una accelerazione o una novità imprevedibile», il fatto è - dice Fini - che il «partito del popolo della Libertà è il centrodestra italiano, è la costola italiana del Ppe europeo». «Vi chiedo - conclude Fini rivolgendosi ai dirigenti di An - non una assunzione di responsabilità, ma di dimostrare la consapevolezza politica» per continuare «una strategia che non è improvvisata», ma anzi affonda «le radici direttamente a Fiuggi, alla costituzione di Alleanza nazionale».

venerdì 15 febbraio 2008

I figli di papà

Mi sono permesso - autorizzato - di riportare sul mio blog questo post tratto da http://www.teatrinodellapolitica.it/ della grande Lu. Penso che sia lecito che queste informazioni vadano conosciute da tutti.


QUEL RAGAZZO E’ TUTTO SUO PADRE… (prima parte)
E smettiamola con questa ipocrisia nazionale sul precariato. Con la manfrina degli stipendi bassi! Con la storia degli eterni fanciulli bamboccioni che preferiscono mammellare tra le mura domestiche perché no tengo trabajo! Suvvia! Dobbiamo smetterla di deprimere il Paese con queste lagne. Il lavoro in Italia sovrabbonda, straripa, trabocca. siamo tutti superaffaccendati nelle nostre fruttuose faccende lavorative. E per giunta, con salari da capogiro. Non è una diagnosi da post-grappino! Sono seria e realista: i FIGLI ITALIANI campano bene. Unica obiezione: son figli sì, ma non di tutti…
In un’Italia in cui la sinistra con appena 618 giorni di avvinghiamento alla poltrona è riuscita a lottizzare consigli di amministrazioni, dirigenze pubbliche, primari ospedalieri e quant’altro, figuriamoci se il vecchio manuale Cencelli si fermava davanti le porte di “casa nostra” (la loro intendo!). Uno strisciante nepotismo che coinvolge grandi e piccini.
A dirigere l’orchestra, l’inamovibile trionfatore delle nostre top list: il nepotismo accademico del Professor Prodi e famiglia. Romano, già ottavo dei nove figli dell’ingegnere Mario Prodi nella cui famiglia (sette fratelli e due sorelle) la maggior parte dei fratelli sono o sono stati docenti universitari (Giovanni Prodi di matematica, Vittorio Prodi di fisica ed anche eurodeputato, Paolo Prodi di storia moderna, Franco Prodi di fisica dell'atmosfera, Giorgio Prodi di patologia generale). “Tradizione” tramandata anche ai figli del Presidente. Insomma, i Prodi sono così “pensanti”, che lavorano tutti nell’ambito universitario o ricoprono cariche politiche.... E tutto senza “spintarelle” eh! E’ andata bene anche Giulio Napolitano, figlio del più noto Giorgio, prima docente romano, poi consigliere per la presidenza del Consiglio. E anche alla consorte Clio, avvocato specializzato in diritto del lavoro, per molti anni nell’ufficio legislativo della Camera dei deputati. Un grande classico del nepotismo di sinistra è Vincenzo Visco. Suo figlio – un ragazzo preparato che ha avuto il posto solo per meriti propri – ha dimostrato che i ragazzi non sono affatto bamboccioni! Assunto a Sviluppo Italia, Gabriele ha dimostrato di essere all’altezza di uno stipendio mensile di 15.000€. Tutto suo padre… Come l’agenzia governativa che gli ricarica il del conto corrente, controllata anch’essa al 100%, dal dicastero di Via XX Settembre dove siede Augh! il grande capo di famiglia. Stessa location, altro nome (tanto che Gian Antonio Stella sul Corriere parlò di «Sviluppo Parenti) per Sergio Mattarella, vecchio diccì, poi pippì, e oggi piddì. Classe 1941, ma quanto mai vispo piazzatore genealogico di Bernardo Mattarella, nipote di Sergio anch’egli consulente di SI. Anche al corretto, coerente et etico super-magistrato di Tangentopoli, Antonio Di Pietro, è scappata qualche umana debolezza: padre Ministro, figlio (Cristiano) consigliere. Entrambi guru delle infrastrutture. Le baronie feudali non potevano non conquistare anche il Mastellone Nazionale. Moglie: Sandra Lonardo candidata nel listino “bloccato” al Consiglio Regionale della Campania, e successivamente divenuta Presidente del Consiglio Regionale stesso. Figlio: Elio metalmeccanico di settimo livello, ma con tanto di etichetta Finmeccanica. Non da meno il caso di Annamaria Carloni, moglie del Governatore della Campania Antonio Bassolino, piazzata da quest’ultimo a presiedere Emily, l’associazione delle donne sponsorizzata dai vecchi DS. Largo a Mister NO, Alfonso Pecoraro Scanio, che per questioni di fratellanza riesce a dire anche SI. Marco Pecoraro Scanio, fratello del leader dei Verdi, prima calciatore del Cagliari, poi della Salernitana, dell’Avellino e dell’Ancona, poi Consigliere comunale, poi Assessore, poi…. CHAMPAGNE!... senatore. Genealogia doc in casa De Mita. Il figlio di Ciriaco, tale Giuseppe, non si è mai occupato di politica ma svolge attività manageriali nel settore dello sport. Il figlio di Michele De Mita, anch’esso Giuseppe, avvocato, ha seguito le orme dello zio Ciriaco candidandosi alle elezioni provinciali nella lista de “La Margherita” ed è ora in procinto di divenire Segretario Provinciale del PD. Infine il figlio di Vincenzo De Mita, ancora tale Giuseppe, è stato in passato Sindaco di Nusco e Consigliere Provinciale della D.C. Allontanatosi dalla politica adesso è fermamente intenzionato a rientrare. In casa diccì rispunta il nome di Remo Gaspari: Giovanni, figlio dell’ex Ministro Remo, dopo essere stato membro della segreteria del Mministro Pietro Lunardi, avrebbe ricevuto dall’Atm, Azienda tranviaria milanese, una commessa per il collaudo della linea 3 Maciachini-Comasina, per una cifra ammontante a 70.000 euro. Seggio ereditario in casa Craxi e Cossiga (figli e nipoti), Forlani e Fassino per le rispettive mogli. CLUB dei figli di papà per Massimo D’Alema, figlio di Pino D’Alema deputato del PCI, Mario Segni DC, figlio di Antonio Segni ex Presidente della Repubblica, Giorgio la Malfa figlio di Ugo La Malfa. Seggio mediatico in RAI per i figli di Mancini, Angela, Squillante, Mancino e Bernabei, Andreatta, Berlinguer, Donat-Cattin. Processo inverso per le famiglie Veltroni e Marrazzo, padri in RAI, figli in politica. Non da meno a Mediaset per i figli di Geronzi, Confalonieri, Sottile, Agnes, Loiero, Buttiglione, Scalfari (proprio lei, figlia di Eugenio, fondatore de La Repubblica). Seggi del mezzogiorno per Bertinotti, cui si vocifera abbia aiutato il cognato a diventare Presidente dell’Ente Acquedotto Pugliese. Il caso dei casi di Follini e di una moglie diventata direttrice dell’agenzia del demanio. Anche la famiglia Rutelli muove bene i primi passi con il figlio Giorgio, che passa dalle telecamere della RAI a quelle de La7. Nessun gossip su Oliviero Diliberto, ma solo perché non ha figli.
CLAP CLAP CLAP! Vero che le liste dei “figli di” sono succulente anche nel centrodestra, ma il nepotismo democristiano e della sinistra non ha eguali. Della serie, grazie papà perché tengo famiglia!
Chi ha da aggiungere, aggiunga pure. Chi è senza peccato scagli la prima pietra!

lunedì 11 febbraio 2008

Ecco la nuova Italia!

IL NUOVO CHE AVANZA

Walter Veltroni dal sito Camera

Gruppo PCI - X Legislatura

27/06/1987 (20 anni fa)



Gianfranco Fini dal sito Camera

Gruppo MSI-DN - IX Legislatura

12/07/1983 (24 anni fa)


Massimo D'Alema

Gruppo PCI - X Legislatura

27/06/1987 (20 anni fa)


Clemente Mastella dal sito Camera

VII Legislatura - Gruppo DC

30/06/1976 (31 anni fa)


Pierferdinando Casini

IX Legislatura - Gruppo DC

06/06/1983 (24 anni fa)


Fausto Bertinotti dal sito Camera

XIII Legislatura (ma era già presente alla XII) - Gruppo RC

06/05/1996 (ma già alla Camera dall'aprile del 1994) (13 anni fa)


Silvio Berlusconi dal Sito Camera

XIII Legislatura (ma già presente nella XII) - Gruppo FI

06/05/1996 (ma già alla Camera e Presidente del Consiglio nel 1994) (13 anni fa)

Stiamo assistendo in questi giorni ad una deriva leaderistica senza precedenti in Italia. Io non l’ho mai nascosto: sono un fan del proporzionale. Questo non significa che ami le orge di partiti. Me ne sarebbero bastati uno per ogni cultura politica: conservatrice, cattolica, liberale, riformista e di sinistra. Poi inevitabilmente sarebbero sopravvissuti (come di fatto sopravviveranno) partiti federalisti/autonomisti fortemente radicati sul territorio.
Oggi cosa abbiamo? Pd+l, sinistra radicale e gruppi sparsi di sbandati. Le grandi manovre sono in atto: la Destra vuole raccogliere quelli di An che per Berlusconi non voteranno mai, i Socialisti cercano casa, i centristi fanno a gara a chi sta più al centro. Ciò non cambierà la situazione: due partiti di plastica analoghi che non dicono nulla per non scontentare nessuno. Ditemi ciò che vi pare ma la scelta resta tra populismo buonista e populismo libertario. Che dice Veltroni? Che dice Berlusconi? Parlano di problemi reali promettendo di risolverli con misure che non sanno indicare. “L’Italia deve rialzarsi”. “No, l’Italia si è già rialzata. E’ la classe politica che deve darsi da fare.” Enunciati di principio dai contenuti fumosi se non inesistenti.
Cari Italiani, è ora di dirci le cose come stanno: anche stavolta ci stiamo facendo gabbare. Cambieranno i peones, muteranno i simboli e persino i partiti ma chi tira le redini restano gli stessi. Berlusconi, Veltroni, D’Alema, Fini, Casini, Bertinotti, Mastella ed i vari fedelissimi. Così tali rimarranno i potentati economici, gli amministratori delegati ed i consiglieri d’amministrazione. Il nostro peccato non sarà, comunque, quello di non ribellarci contro questa situazione. Come potremmo? Sarà invece di pensare che qualcosa sia cambiato quando invece, come sempre, è sempre tutto gattopardianamente lo stesso.

venerdì 8 febbraio 2008

Benvenuti nella Terza Repubblica (di cartapesta)

Chi l’avrebbe detto? La rivoluzione del sistema partitico è riuscita. E’ una trasformazione di cartapesta, un vero e proprio restyling, ma indubbiamente è suggestiva. Totalmente incoerente e raffazzonata, brutta e malferma, ma c’è.
La semplificazione del panorama politico italiano parte dal Partito Democratico, come approdo di un percorso lunghissimo di avvicinamento tra Margherita, anima cattolica (ma non solo) della coalizione di centrosinistra, e i Democratici di Sinistra, anima riformista (ma non solo). Quel che si può dire è che, come sottolineava Famiglia Cristiana, questa fusione a freddo non è riuscitissima: basti guardare alla sorte del Governo Prodi. La classica ciambella senza buco: mangiabilissima ma esteticamente imperfetta. Se non fossi certo di un magheggio già pronto per ciò il cambiamento futuro della legge elettorale, non scommetterei un soldo bucato sulla sua tenuta futura. Ma tant’è: nel tentativo di approdare ad un proporzionale a quattro attori il Pd ha svolto e svolgerà il ruolo del leone. Onore al merito.
Il Popolo della Libertà (di cui ho scoperto stamane di far parte) è invece un gioco di prestigio francamente divertente. Sorto sul predellino di un’auto a piazza San Babila è ora portato a battesimo proprio da uno dei genitori che l’aveva rinnegato e che prometteva di soffocarlo nel sonno: Gianfranco Fini. Spero che nessuno abbia il cinismo di raccontare ai posteri il processo di formazione del Pdl, dato che è dettato certamente dalla necessità più che dalla virtù. E da una generosa contropartita. La necessità era la sopravvivenza di An: Fi e Pd avrebbero fatto riforme a vantaggio dei partiti maggiori già da poco dopo le elezioni checché ne pensasse Gianfranco Fini. La Grande Coalizione ormai è qualcosa in più rispetto ad una semplice voce. Quale la contropartita? La Presidenza del Consiglio a Gianfranco Fini. Magari non oggi. Domani. Molto più semplice quando si sta in un unico Partito. Dal punto di vista ideologico poi la fusione risulta molto più facile di quella in seno al Pd. Molti elettori di centrodestra chiedevano da tempo il Partito unico. Alla lente d’ingrandimento quel che ne viene fuori è un guazzabuglio di conservatori, liberali e nostalgici dell’uomo forte. Ma che importa? Il ceto medio borghese può essere più o meno reazionario, ma i suoi valori di riferimento sono abbastanza identificabili, come diceva egregiamente Marx.
La Sinistra Arcobaleno è per certi versi la più coerente delle nuove formazioni politiche. Della Sinistra Radicale tutti conosciamo molto bene storia e progetti. Sui secondi non mi esprimo dato che non c’è nulla da inventare: pacifismo, ecologismo, attenzione alle fasce di popolazione più deboli sono sempre stati punti saldi della sinistra (anche se a volte rimangono nella sfera dell’utopia). Anche la storia, poi, suggerisce una forte compatibilità: Rifondazione Comunista, Comunisti Italiani e Correntone Ds sono schegge derivanti dalla deflagrazione del Pci (almeno per la gran parte). L’unico elemento di rottura sono i Verdi, che approdano in un luogo che non gli è proprio, ma che in fin dei conti hanno mostrato di saper condividere da tempo. Il cruccio è che l’ecologismo in Italia non abbia saputo interpretare il ruolo che ha avuto in Germania. Ma questa naturalmente è un’opinione personale.
Dopo questi tre aggregati entriamo in una terra di nessuno. Un campo di asteroidi in cui la Lega è il satellite più grande (e comunque già orbita intorno al Pdl). L’Udc più che un pianeta è una meteora e gli altri fanno parte di una polvere stellare che o si coagula o verrà presto spazzata via. Le alternative per queste particelle sono: 1) di costituire un “grande” centro che (ahimè) potrebbe fare da ago della bilancia tra i due partiti maggiori 2) costituirsi in piccoli satelliti ed affiancarsi ai due grandi partiti (scelta che comunque li penalizzerebbe).
Come già dicevo questa trasformazione lascia presagire che il prossimo sistema elettorale sarà un proporzionale con alta soglia di sbarramento in modo da ridurre il numero dei partiti a quattro-cinque. Io credo che in questo sistema ci sia un vuoto enorme a destra e che le formazioni in campo non siano ideologicamente omogenee. Ma la convenienza, si sa, è sempre più importante della coerenza. Altrimenti come spiegate che Fini oggi sia entrato nelle “comiche finali”di Berlusconi?
Ancora una volta, cari elettori, andiamo a farci fregare: stiamo entrando nella Terza Repubblica con gli stessi personaggi che nella Prima maceravano in Parlamento. E se basterà cambiare quei quattro simboli per darci l’illusione che tutto sia mutato, beh… lo meritiamo.

mercoledì 6 febbraio 2008

GOVERNO. NAPOLITANO SCIOGLIE LE CAMERE

(DIRE) Roma, 6 feb. - Il capo dello Stato ha firmato il decreto
di scioglimento delle Camere. Lo ha annunciato il segretario
generale del Quirinale Donato Marra. (SEGUE)

venerdì 1 febbraio 2008

La vera soluzione è la legge sui partiti

Che cos’è il bene? Sono quelle domande socratiche che dopo si avviluppano su se stesse come spire di un Minosse dantesco. Se al tempo di Socrate si poteva pensare di dare qualche risposta in un’epoca di relativismo come quella che stiamo attraversando diventa veramente essere convincenti.
Io posso chiedere ad esempio: che cos’è bene per il Paese? Andare ad elezioni immediatamente, provare la via del referendum o tentare di far cambiare la legge elettorale al Parlamento? Una domanda esistenziale. Non tanto perché si farà ciò che è meglio (è quasi scontato il voto), ma perché per il prossimo anno buono ci tortureranno dicendo, da una parte, che l’avevano detto, che era meglio cambiare la legge e dare stabilità al sistema e, dall’altra, che era una tattica per dilazionare il momento della verità a spese dell’ingovernabilità e della rovina. E continueremo a rinfacciarcelo l’un l’altro, berlusconiani contro veltroniani, convinti di possedere la Verità.
La politica oggigiorno è esasperante e la può fare chiunque. Lo dice uno che la ama parecchio. Ma mi rendo conto, allo stesso modo, che il dialogo, il dibattito appassionato, si è ridotto ad una zuffa paragonabile a quella di una coppia ormai logora. Ti ricordi quando 2 anni fa sono stata poco bene e mi hai costretto a portar fuori il cane perché avevi da fare? Sì, e tu invece ti ricordi di quella volta che c’era la semifinale di champions e ti sei fatta pigliare dalle crisi isteriche? E via così… Non vi ricordano destra e sinistra che parlano di risanamento di conti pubblici? Io ho risanato il Paese! Ma se va in malora… Eh già e quando c’eri tu invece?
Se il concetto di bene è relativo io credo che in politica non esista più. Non che non possa esistere, intendiamoci. In questa situazione politica non esiste più. C’è un continuo rinfacciarsi egoismi, impotenze, incapacità. Il dialogo si è ridotto ad un insulto, all’utilizzo contrapposto di preconcetti che sono diventati topici. La sinistra è più onesta della destra. La destra è più furba ed è legata agli imprenditori. Ma quando mai? Andrebbe ripristinata la serenità. E non si tratta della serenità in senso veltroniano in cui la legge elettorale va cambiata “per il bene del Paese”. Dire questo, se è solo una parte in causa ad asserirlo, significa affermare: 1) che il bene del Paese corrisponde al bene per quella parte 2) che quella parte non ha interessi sotterranei se non il bene del Paese 3) che l’altra parte è il Male assoluto. E’ questo un atteggiamento che può favorire il dialogo?
Se continuassimo a giocare a rimpiattino si potrebbe chiedere a Veltroni perché il centrosinistra all’inizio della scorsa legislatura non si rassegnò alla situazione di pareggio e non si predispose quindi ad avviare un percorso comune di riforme. E nessuno mi risponda a sua volta, se no ricominciamo daccapo. Le riforme è dal 1993 che devono essere fatte: siamo passati alla Seconda Repubblica cambiando solo la legge elettorale. Se nessuno le ha fatte ci sarà un perché. Destra e Sinistra sono entrambe dei contenitori in cui coesistono guazzabugli di idee e di interessi, di partiti e di tessere, di ideali e di privilegi. Come si può pretendere che agiscano coerentemente e di comune accordo disegnando insieme un futuro per l’Italia?
Ora ritorniamo alla domanda iniziale: che cos’è bene per il Paese? Una nuova legge elettorale. La domanda che dovrebbe seguire è: perché? Per poter scegliere chi ci governerà? Non è così. Non sarebbe così neppure col voto di preferenza. I leader, anche nel caso si giungesse ad un bipartitismo, rimarrebbero quelli di sempre. Il problema è stato indagato solo superficialmente. La verità è che la carenza di democrazia non nasce dalla legge elettorale. La carenza di governabilità nasce dalla legge elettorale (e non solo). Ma la carenza di democrazia nasce dal fatto che abbiamo una classe dirigente inamovibile. Nasce dall’oligarchia partitica. Da quindici anni i nostri leader sono pressoché immutati. I capi dei partiti sedevano nei direttivi nazionali e in Parlamento già dall’inizio della Seconda Repubblica. Anche dove si sono fatti i Congressi, i candidati sono stati imposti più che proposti (devo ammettere che i Ds conobbero fortunate eccezioni, presto cancellate dal Pd). Le primarie hanno affiancato un vincitore in pectore a semisconosciuti rivelandosi vere e proprie truffe.
Quale la soluzione? Quella di Grillo? No. Quella di Grillo è una manovra giusta nelle intenzioni ma alquanto inutile nella prassi. Anche passasse la sua proposta del limite di due mandati, a che pro crescere un Parlamento di incompetenti politici? O lasciare che i leader di partito abbiano sotto di loro una massa di persone che facilmente si affermeranno? Per non parlare della pluralità di situazioni e Istituzioni in cui i nostri cari “dipendenti” –come li chiama Grillo- potrebbero in ogni caso riciclarsi.
La realtà è una sola: serve una legge sui Partiti. Una legge che preveda tempi e procedure certe per garantirne la democrazia interna. Dopo si potrà ragionare di diminuirne il numero e di rendere stabili i Governi. Ma non voglio, onestamente, avere la sovranità di decidere se essere governato da Prodi o Berlusconi. Non mi interessa. “Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale” dice l’art. 49 della Costituzione. Forse sarebbe il caso che prima di cambiarla, la nostra Carta Costituzionale pretendessimo di riprendercela.