venerdì 30 novembre 2007

Questione di stile

Nel mio esordio in questo blog riconosco di esser stato cattivello con la destra. Non si tratta di un pegno pagato ad una presunta natura "sinistrorsa" di questo spazio, quanto dell'espressione di un malessere autentico. I valori e gli ideali non sono in discussione. Non trovo tuttavia un tabù scrivere e dialogare con persone di sinistra, ragionarci insieme e trovare dei punti di accordo. Quello che vorrei facesse pure Alleanza Nazionale. Come si suol dire, è questione di strategia politica. Leggendo il Secolo di oggi, però, mi sono sentito un po' meno solo nella colpa. A destra c'è qualche altro traditore che addirittura osanna Guccini. E non stiamo parlando del riconoscimento della genialità di alcune canzoni tipo "Quattro stracci", " L'isola non trovata" o "Autogrill", di scarso contenuto politico, ma addirittura dell'elogio di "Eskimo", in quanto esplicativa dell'atmosfera che si respirava nella generazione delle lotte studentesche. Ho avviato dunque una riflessione interiore e, con Gaber, mi sono messo in crisi: che cos'è la destra? cos'è la sinistra? Pensando pensando ho capito che il bagno non è più là dove lo si sarebbe cercato, ossia in fondo a destra. Nel percorso verso la verità anch'io ho avuto la mia folgorazione sulla via di Damasco: era bianca, era imponente e bloccava il cammino. Era lo sciopero dei taxi. Senza scendere nel merito della protesta, mi sono interessato delle modalità in cui si svolgeva la negoziazione. I tassisti -destra scioperante- si contrapponevano a Veltroni -sinistra autoritaria- bloccando l'intero centro storico di Roma. Ma come? Lo sciopero non è di sinistra? L'ordine e l'autorità non sono di destra? No, non più. E dopo l'era della concertazione si intendeva introdurre l'era della legalità: prima si torna a lavorare e poi si contratta. Ora non serve un genio per trovare il trait d'union. Con chi? Con la Francia di Sarkozy, naturalmente. Stessa metodologia, stesse conclusioni. Pochi giorni fa lo sciopero del settore pubblico veniva gestito nello stesso modo dal Presidente Francese, in un modo che si pone a metà strada tra la concertazione prodiana e la gestione thatcheriana delle proteste contro la poll tax. Se così Dio è morto e Marx è morto, potrei dire, parafrasando Allen, che neppure Veltroni si sente troppo bene. Non mi equivocate: fisicamente sta una favola. Tuttavia è indubitabile che la sua ideologia sta sterzando un po' a destra. Magari sbaglio. Sarà la posizione assunta sul Decreto sicurezza, sarà la leadership carismatica. O sarà che il bipolarismo ha segnato il suo tempo ed è giunto il momento di trovare nuove soluzioni. An è sulla buona strada, molto più che Berlusconi. E se il Secolo recava, oltre alla celebrazione di Guccini, il processo di canonizzazione di Goffredo Bettini, il beneficio del dubbio me lo potete pure dare

giovedì 29 novembre 2007

Masochismo e palle di velluto

Se la giornata politica a sinistra è stata intensissima, con le discussioni sul pacchetto welfare e la (s)fiducia al governo, la notte, invece che portare consiglio, ha regalato alla destra quell'apoteosi del masochismo che Von Sacher-Masoch, padre del genere, riuscì forse a sfiorare soltanto nelle sue opere migliori. Divertente. Boccaccesca. Raccapricciante.
I prodromi si si coglievano dalle agenzie nel pomeriggio: Berlusconi dopo la cena di Arcore reinventava il Pdl, Fini si beava di aver picchiato come un fabbro a Matrix, Casini si astraeva nella Visio Veltronis. Il trivio. Per fortuna il palinsesto prevedeva le dichiarazioni di voto alla Camera che hanno consentito al sottoscritto di assumere quell'efficacissimo prozac chiamato "mal comune mezzo gaudio". Si profilava poi ricca serata pantofolaia: Gad Lerner e Mentana. L'infedele inizia liscio come l'olio. Sembra un dialogo serioso nel merito. Cose trite e ritrite sui meccanismi elettorali e l'incomprensibile panegirico di An ad maiorem gloriam del referendum. Se anche Sartori sul Corriere consigliava ieri a Fini di lasciar perdere, qualche motivo ci sarà. Ma ancora non è nulla. La Russa comincia a beccarsi con Michaela Biancofiore di Fi. Si vede che non è serata per il capogruppo di An a Montecitorio. Perde le staffe e comincia a fare la lista dei senatori della sinistra che dovevano essere oggetto della transumanza berlusconiana. "Invece l'unico deputato che ha cambiato partito è stato la Santanchè". Passa qualche minuto. Quando alla battuta di Lerner "faccio il cattivo" Ignazio risponde con un lascivo "Sì... fai il cattivo" comincio a sentire i brividi lungo la schiena. Domanda sulla Santanchè: il Secolo denuncia la sua entrata nella società concessionaria di pubblicità per Libero. Ignazio sembra non accusare il colpo e dice di non averne saputo nulla, lanciando più di una frecciatina sul condizionamento che la deputata avrà sul giornale. Tutto tace finchè telefona la Santanchè. Il disastro: un litigio in cui La Russa viene accusato di avere le "palle di velluto" e di essere stato a conoscenza di ogni dettaglio. La Russa nega e rinfaccia di essere stato l'unico a sponsorizzare la portavoce de La Destra in An dato che tutti la ritenevano inaffidabile. Cominciano sottili allusioni sui legami non economici della deputata con Libero e si profila perfino l'ipotesi che la Garnero porti soldi perfino a l'Unità. La scena è gustosa, ma c'è Fini sul 5 e bisogna assistere. Interessante la prima parte: tiro a freccette contro il Cavaliere. Scaltra la seconda: un tentativo di riappropriarsi dei temi di destra. Peccato per la strategia del referendum. Ma una frase del Presidentissimo mi chiarisce finalmente ogni cosa: "Quando faccio una scelta che mi accorgo essere sbagliata, vado avanti ugualmente per quella strada perchè penso che la coerenza sia un valore". Così sì che si va lontano. E vado a letto sereno.

mercoledì 28 novembre 2007

Qualcosa di destra

Ve lo devo confessare: guardando la puntata di Ballarò di ieri sera, mi veniva naturale per disperazione stare a certi tratti (a certi tratti, badate bene) dalla parte di Diliberto. E' mai possibile - mi chiedo - che si continui a ripetere ossessivamente, almeno da parte dell'opposizione, che in questo Paese l'unico problema è la tassazione elevata e l'instabilità di Governo? Io non amo Prodi e non sono un patito delle tasse. Tuttavia credo che il problema in Italia si chiami in un modo solo: assenza di responsabilità. Se ognuno pagasse le tasse, se ciascuno evitasse di giustificarsi continuamente per i propri peccatucci piangendosi addosso, se un comandante dei vigili urbani che utilizza un permesso per disabili accettasse la sanzione che gli viene comminata invece di far ricorso, l'Italia sarebbe più equa, più vivibile e, forse, più ricca. La solita ruffianeria verso l'idolo Sarkozy? Sì ma non solo. Al di là della tirata moralista, che facilmente potrebbe cadere nella demagogia, c'è anche una constatazione. Nonostante ogni tanto Gianfranco Fini faccia qualche incursione sul tema, è evidente che nessuna proposta realmente innovativa dà seguito alle sue parole gridate dal solito pulpito. Perchè? Forse bisognerebbe riconoscere che per troppi anni la destra italiana è rimasta appiattita su un'ideologia di tipo liberal-liberista mutuata da Berlusconi, mentre il male era identificato facilmente ed esclusivamente nel "nemico oggettivo" comunista. Ciò che è riuscito a sopravvivere dalla mattanza nei porti franchi della destra identitaria e nelle sezioni storiche è qualcosa che assomiglia di più ad una serie confusa di riti nostalgici piuttosto che a qualcosa che faccia da testa di ponte verso le altre destre moderne europee. Se An riuscisse a trasformarsi in un partito che andasse a colmare lo spazio nazional-conservatore (e nessuno se la prenda per quel "nazional") forse riuscirebbe a divenire un soggetto serio ma con un bacino elettorale definito e non conflittuale con quello del Pdl. Riuscirebbe, in definitiva, a non venire spazzata via. Ho sentito dati inquietanti: Alleanza Nazionale sarebbe scesa al 9%. Non riesco a stupirmi di queste cifre e secondo me sono ancora passibili di pesanti cali. La via è quella di comprendere che una risposta al vuoto populismo plasticheggiante di Berlusconi c'è ma che non può avere come presupposto il solito "armatevi e partite".

martedì 27 novembre 2007

Capitani coraggiosi

Molti giornali e riviste patinate sono soliti fare una sorta di "pagella", mostrare chi è in ascesa o in discesa in un determinato momento politico o segnalare un personaggio del giorno. Anche se non amo questo genere di classifiche dato che spesso sono proprio le eminenze grigie le vere entità detentrici del potere, se dovessi segnalare uno dei protagonisti dell'attuale fase storica di An, indicherei certamente Italo Bocchino. Mentre Adolfo Urso sta calando precipitosamente, dopo le sue avventate aperture a Berlusconi (ma penso che non sarà una lunga caduta dati i legami instaurati col Presidentissimo tramite la Fondazione Farefuturo), Bocchino è un capitano coraggioso che, sorpassando sulla destra i colonnelli, cerca di ritagliarsi il ruolo di attendente di Gianfranco Fini. Che l'uomo sia dotato di una certa audacia è intuibile - al di fuori di ogni ipocrisia - dal fatto che sia riuscito a sopravvivere per ben 40 anni senza cambiare il cognome che si ritrova. Ma una certa sicurezza di sè l'esponente di An la deve aver dimostrata anche con il gentil sesso dato che parte della sua fortuna e notorietà la deve certamente alla moglie Gabriella Buontempo, figlia del cavalier Eugenio, noto e ricchissimo imprenditore napoletano. La signora Buontempo possiede inoltre lei stessa una società, la Goodtime Enterprise. Tanto per capirci è quella che ha venduto alla Rai la serie "La stagione dei delitti" che anch'io, analfabeta del tubo catodico, ho sentito nominare. Si dice anche che Bocchino debba la sua attuale fortuna pure ad un'altra donna, anch'ella campana ed esponente "alta" di Forza Italia; ma sulla vita privata preferiamo non speculare.
L'on. campano, tuttavia, non nasce dal nulla: è giornalista professionista, editore de l'Indipendente, deputato dal 1996 e candidato nel 2005 alla presidenza della Regione Campania per l'attuale ectoplasma. Capogruppo in Commissione Affari costituzionali, maneggia le materie che sono il cavallo di battaglia di An: sicurezza, immigrazione e riforme. Certo è uno dei più attivi personaggi del Partito. Segnalo una sua iniziativa editoriale recente e veramente ben fatta: Con (che sta per conservatori). La grandezza del personaggio, a mio modo di vedere, sta nel riuscire ad essere uomo d'iniziativa senza però porsi in concorrenza con il Presidentissimo, nel saper ben manovrare (in un modo non sempre chiarissimo) sia in ambito politico che economico e nell'essere dotato di energia e gioventù. La lezione di Pinuccio Tatarella, che rivendica orgogliosamente come suo maestro, trova effettivamente un seguito. Non per niente ieri Bocchino era tra i due che accompagnavano Fini all'incontro con Veltroni. Forse lui sa che la legge elettorale così com'è per An proprio non va. Ma scontentare il Presidente è uno sport che in An è meglio non praticare se si difetta di paracadute. Urso docet.

lunedì 26 novembre 2007

A beautiful mind

Scusate ma qualcuno me lo deve spiegare. Nella ridda di voci politiche che si rincorrono incessanti, negli strilli concitati delle tifoserie che in questi giorni si stanno impegnando sulle televisioni e sui giornali, le uniche parole che sembrano avere un significato, dato che vengono ripetute con una certa costanza, sono “proporzionale” e “maggioritario”. Io non sono un matematico, né un esperto di scienze statistiche, né un sondaggista, ma qualcosa sui sistemi elettorali lo so. Allora perché mi sembra che i discorsi che fanno i nostri politici non abbiano senso?
Seguite il filo del discorso, in modo da correggermi e farmi capire. Innanzitutto parlare di “maggioritario” e “proporzionale” ha tanta ragionevolezza quanto cercare di spiegare la pittura illustrando solo che cos’è il bianco ed il nero. Esistono talmente tante varianti! Si dice che un sistema proporzionale acuirebbe il frazionamento partitico, ma la stessa riforma che si vorrebbe introdurre col referendum non va a trasformare il sistema elettorale in maggioritario quanto a modificare il criterio di attribuzione del premio di maggioranza. In questo senso assomiglia alla legge Acerbo del periodo fascista che era proporzionale e che tuttavia rese possibile la dittatura.
Il problema di questi giorni non è quindi quello di stabilire se affidarsi al maggioritario o rigettarsi nelle braccia del proporzionale, quanto quello di stabilire che tipo di proporzionale si vuole. Si fronteggiano due scuole di pensiero: i due partiti maggiori ambirebbero ad un proporzionale in cui si potessero decidere le alleanze dopo le elezioni, con una soglia di sbarramento tale da far fuori i piccoli partiti. E fin qui ci arrivo: il maggioritario porterebbe nelle realtà locali a dei patti di desistenza e renderebbe comunque impossibile la libertà di movimento all'indomani del momento elettorale. Ciò che non comprendo, tuttavia, è la ragione che spingerebbe questi grandi partiti a respingere la riforma proposta dal referendum. Ma ponendo pure il caso che l’impossibilità di duplicare i nomi in lista in diverse circoscrizioni e la volontà di forgiare sistemi elettorali ad immagine e somiglianza dei due nuovi macropartiti sia ragione sufficiente per aborrire il voto, non riesco a immaginare le ragioni che porta Alleanza Nazionale a sostenerlo. Parteggiare per un sistema che da la maggioranza assoluta dei seggi in Parlamento alla lista di maggioranza relativa potrebbe essere saggio per le due formazioni al 30%, ma non per quella al 14%. I casi sono due: o Fini crede di riuscire a pareggiare i voti del Cavaliere o spera che il nuovo Pdl sia tanto debole rispetto al Pd da ricondurre Berlusconi a più miti pensieri e da farlo tornare all’ovile. A dire il vero ce ne sono pure un paio di scorta, di casi: che Fini non conosca appieno le conseguenze delle sue azioni (che in preda allo sconforto abbia voluto replicare l’esperienza giamaicana?) o che io non sia tanto machiavellico da penetrare la sua beautiful mind. Nel qual caso, ve ne prego, qualcuno abbia la compiacenza di spiegare pure a me!

domenica 25 novembre 2007

Le streghe son tornate

Quando si finirà con le rivendicazioni? Quand'è che si potrà dire che la donna finalmente è uguale all'uomo? Quando saranno al 50% dappertutto? E' davvero questo l'obiettivo? Allora perchè ieri nessuno ha condannato il fatto che nella guardia d'onore montante al Quirinale le donne fossero il 100%? Io credo che la parità sia un valore. Ma come sempre si equivoca: la parità deve essere nelle condizioni di partenza e nelle regole, non nel risultato. Perchè credo che ci siano lavori dove naturalmente le donne eccellano. Ma vale anche il contrario. Con eccezioni naturalmente. Se si parla di violenza, poi, sono naturalmente d'accordo con le femministe in ogni caso. Mi lascia perplesso tuttavia includervi anche la violenza psicologica. Il 90% delle donne ritiene di esservi stato sottoposto. Provate ad andare a chiedere ai mariti se anche loro ritengono di far parte delle vittime di questo tipo di pressioni... E' evidente che nel matrimonio o nel rapporto di coppia (anche gay) ci siano momenti in cui si cerca psicologicamente di forzare la mano. E come sempre farsi scudo di una debolezza è il modo preferito di chi vuole autolegittimarsi a passare a fare violenza.
Per dirla fuori dai denti: un corteo contro la violenza sulle donne le cui componenti caccia no indiscriminatamente gli uomini che vorrebbero entrarvi è come un corteo contro la mafia che cacci ogni siciliano che vorrebbe manifestare. Una vera e propria idiozia. Così come condannare il decreto sicurezza perchè non è utile alle violenze domestiche. La verità è che nessuna norma porterà alla parità tra uomo e donna. E' solo questione di cultura e di mentalità. Ed è bene che il movimento femminista, che poteva aver senso negli anni settanta e già allora eccedeva, si metta in testa che non si cambia nulla rivendicando una presunta superiorità femminile, ma sia molto più utile formare ed informare la società senza creare ulteriori conflitti e fratture. Anzi il modo migliore per forgiare una società nuova è fare figli ed educarli. E se anche qualcuno mi darà del vecchio, nessuno mi leverà mai dalla testa che non ho visto donna più donna di una madre che porta in braccio suo figlio.

venerdì 23 novembre 2007

Nella sfera di cristallo

Stasera voglio dilettarmi in una predizione. E se fosse che domani un giornale aprirà con il coinvolgimento della Forleo nella fuga di notizie sulle intercettazioni ai dirigenti Rai-Mediaset? Beh, sarebbe abbastanza facile, dato che l’inchiesta Hdc coinvolge anche Fiorani. E indovinate di chi si è occupata la Forleo nei mesi scorsi? Proprio di Fiorani. Un imputato cui si è dedicata con passione ed approfonditamente. Può mai essergli sfuggito che era coinvolto anche in un’indagine sull’Hdc? Ininfluente sul crack della Popolare di Lodi? Forse. Ma ecco un’altra strana coincidenza: i giornalisti di Repubblica che rivelarono il contenuto delle intercettazioni delle telefonate tra D’Alema, La Torre, Fassino e Consorte sul caso Unipol sono gli stessi che hanno rigettato in campo la questione del conflitto d’interessi. Emilio Randacio e Walter Galbiati. Ma chi lo sa, può essere pure che abbondino le talpe nel tribunale Milano. Mettiamo però solo per un attimo che sia veramente la Forleo ad aver aperto il vaso di Pandora… Che avreste fatto al posto suo per cautelarvi? Beh, forse avreste chiamato l’avvocato, prima. Andate un po’ a vedere chi è il suo avvocato… Giulia Bongiorno. Come dite? La stessa di Fini? Un deputato di An? Ma no, vi sbagliate… è una coincidenza. Eppoi si sa che a pensar male si fa peccato.

La piccola fiammiferaia

Qualcuno sorriderà, ma da piccolo una fiaba che mi rendeva sempre molto triste era la piccola fiammiferaia, la povera bimba che in una notte di freddo e di gelo, senza aver venduto un fiammifero, si ferma in un angolo e accendendone uno dopo l'altro sogna le cose più belle finchè arriva la nonna defunta che a seguito delle preghiere della piccina se la porta con sé in paradiso. Non vi lamentate se non vi ho commosso: non era quello l'obiettivo. Non sono un fautore del conservatorismo compassionevole. Questa notte però ho letto qualcosa che mi ha richiamato alla mente la scena della bimba cenciosa e abbandonata, quasi fosse la celeberrima medeleine nel tè di Proust. Si tratta di una lettera aperta a Berlusconi tratta da una newsletter chiamata "Il punto" che viene redatta dall'on. Marco Zacchera, un deputato che ammiro e di cui condivido molte battaglie. Ne riporto un brano: "“Adesso che facciamo”? Perché è difficile dire che la Destra del 2007 sia ancora “fascista” e quindi automaticamente fuori dal gioco (anche perché i più “fascisti” da tre mesi sono i suoi più fedeli alleati) e pensare di arrivare al 51% emarginandoci è difficile non tanto nei numeri quanto per il fatto che in questi anni la Casa delle Libertà è cresciuta ed è viva nei fatti.Per carità: magari si litiga per posti ed assessori, ma si è comunque molto più coesi di prima perché si ragiona con gli stessi parametri. [...] La CDL c’è, Cavaliere, ed è un delitto distruggerla anche perché senza di lei non ci sarebbe stata, e rischia adesso di perdere l’anima. Una CDL dove servono tutti gli ingredienti del menu, da Casini a Bossi, mentre altri nuovi arrivi rischiano di essere incompresi ed indigesti. Insomma: forse fa bene Forza Italia a cambiare la giacca, occorre un po’ di tempo perchè cali la tensione tra i due protagonisti – lei e Fini - dettata soprattuto da situazioni contingenti e da caratteri diversi, ma poi occorre ritrovarsi, discutere, imparare da errori passati per non cascarci più." Non è una campana fuori dal coro. Molti esponenti di An tendono la mano, in attesa che il Cavaliere ci ripensi, che in fin dei conti torni indietro. Nessuna concessione in più, certo: Adolfo Urso ci aveva provato nell'Esecutivo del Partito e Fini tra poco se lo mangiava.
Vorrei ora che vi dilettaste in un'analisi del testo da liceo e scopriste le piccole differenze di tono tra il brano precedente e un articolo pubblicato ieri dal Giornale a firma di Stenio Solinas: "«Dalle fogne li ho fatti uscire e nelle fogne li faccio tornare». Testo e musica di Silvio Berlusconi. Per chi sta in via della Scrofa e dintorni, tutto il resto è noia e questo è quel che resta di una lunga marcia verso il nulla.Erano partiti che erano ancora brutti, sporchi e cattivi, la più «impresentabile» fra le forze politiche della cosiddetta Prima Repubblica, quella per la quale era stato addirittura inventato un arco costituzionale ad escludendum: i reprobi, i reietti, i ghettizzati, i neofascisti. [...]Tredici anni dopo, Alleanza nazionale è un partito senza identità che nella corsa affannosa del suo presidente verso il centro e verso una successione all’insegna del centrismo moderato se lo ritrova ora occupato più di prima e in più con il suo fianco destro questa volta presidiato da altri. La nuova legge elettorale vedrà i grandi partiti scegliersi gli eventuali alleati di governo non prima delle elezioni, ma dopo. Il cerchio si chiude e c’è sempre una nemesi politica e anche una lezione. Chi con Berlusconi guarisce, di Berlusconi perisce." La morale della fiaba? Mai tendere la mano verso a chi ghermisce un machete.

giovedì 22 novembre 2007

Torna a casa Lassie

Non me l'aspettavo. Dov'è l'orgoglio di essere destra? Dimenticato, forse, alla buvette di Montecitorio, sotto la scrivania di qualche ministero di cui si sente la nostalgia. Fini: "La Cdl è archiviata. Ripartiamo dal popolo del centrodestra. ". Dopo l'Esecutivo Nazionale una svolta di così grande spessore nessuno se l'aspettava. E' come dire "non mi piace l'anguria, ma apprezzo il cocomero". Una contraddizione in termini. Di fronte alla prova di tanto coraggio forse davvero Alleanza Nazionale merita di venire assorbita dal nuovo buco nero di Berlusconi. Dicevo nei giorni scorsi che An si scioglierà soltanto nel momento in cui lo deciderà il suo Presidente. E forse lo sta già facendo.
I due poli e l'equatore

Tanto tuonò che piovve. Nel giorno dell'epifania del simbolo del Pd, si proclama tra squilli di tromba l'inizio dell'era delle riforme. Veltroni andrà in visita ai due contendenti. Fini lunedì, Berlusconi mercoledì, il consulente matrimoniale giovedì. Venerdì lo psichiatra ed il sabato si riposò. In effetti il momento è caotico anche se nel frattempo i gruppi parlamentari continuano ad agire esattamente come prima. Ascoltando le discussioni alla Camera non sembrerebbe cambiato nulla: la solita sinistra, la solita destra. I pochi che coglieranno il senso profondo del momento ne approfitteranno. Tutti gli altri si accoderanno. La classe dirigente di Alleanza Nazionale purtroppo rientra tra coloro che si affeziona all'immutabilità: si culla nella sua indispensabilità e nel frattempo prepara le sue adunate oceaniche. Il mezzo milione di Roma non si trasferirà certo a piazza San Babila. E anche se fosse? Che sono 500 mila contro 21 milioni di firme? Che dite? 7? Sono stati riconteggiati. Il buon La Russa da l'idea di uno che avrebbe continuato volentieri a dormire: "dialogheremo col nuovo partito di Berlusconi esattamente come dialogavamo con Forza Italia". Il dialogo sincero e schietto del condannato col boia. In effetti qualcosa anche i colonnelli lo devono avere captato, dato che quando uscirono lunedì dall'Ufficio politico erano furibondi a quanto mi riferisce qualcuno. Il sogno era così bello: ancora qualche mese - non importa quanti - di agiata opposizione e poi di nuovo al Governo. E forse è per questo che Ignazio, a quanto mi risulta, non era poi così ostile all'idea della fusione con Berlusconi. Ma le voci arrivano confuse in Transatlantico e magari si finisce per capire male. Nel frattempo Tabacci ci propone una "cosa bianca" insieme all'Udc. Va bene, buona idea. Basta che non sia quella che usava Mele.

mercoledì 21 novembre 2007

Il nemico alle porte

Ricordate Stalingrado? Come non potreste... Alleanza Nazionale sta vivendo qualcosa del genere. L'impressione è che le difese debbano reggere, a tutti i costi. Il capo in tv da il meglio di sè ma sono le retrovie che devono rimanere in linea. Nessun ventre molle è ammesso. I colonnelli hanno rinnovato il giuramento di fedeltà. Le bandiere garriscono al vento. Ora tocca a Berlusconi muovere. Io mi aggiro tra le linee facendo un po' il soldato un po' il cronista di guerra. Non posso evitare di confessarvelo: adoro questi momenti di tensione. Durkheim è considerato il padre della sociologia perchè studiò i suicidi in guerra e scoprì che erano pochissimi. Perchè? Beh, per il senso di solidarietà che s'innesca tra commilitoni (non m'azzardo ad usare la parola camerati). Ho sentito dei ragazzi di Azione Giovani. Sarà per lo spirito dannunziano, per l'amore della battaglia, per la vocazione alla bella morte: stavamo bene. Non tutti tra loro la pensano alla stesso modo. Ho sentito pure dire da qualcuno che Berlusconi ha ragione. Eppure sono tutti lì, in linea. Non è ammirevole? Forse stupido, ma ammirevole. Anzi vi dirò di più. Molti attendevano questo momento. Il tempo delle scelte: la capacità della destra di vivere per il giorno del giudizio. Azione Giovani è compatta, Alleanza Nazionale è compatta. Allora ho capito: An sopravviverà. Sopravviverà a Berlusconi, sopravviverà al proporzionale. Sarà per quell'ideale vetusto chiamato onore che sembra esistere ormai solo in film come 300. Sarà per una fedeltà incrollabile, testarda, idiota. Se deciderà di sciogliersi sarà per la scelta del suo Presidente. Nessuno deciderà al posto suo. E perdonatemi se oggi sembro un po' nostalgico pure io.

martedì 20 novembre 2007

Sostiene Lijphart

Arend Lijphart (la pronuncia è “Laipart” se non prendo una cantonata) è un politologo olandese. Egli è il maggior teorico di quelle che ha ribattezzato “democrazie consensuali”. Senza annoiarvi con una spiegazione tecnica potremmo definire la democrazia consensuale come una democrazia in cui il consenso al Governo, ossia la maggioranza, è il più vasto possibile. Il sistema elettorale di riferimento è quello proporzionale. Perché Lijphart sostiene questo tipo di democrazia? Beh è semplice: se una decisione all’unanimità è la più democratica possibile, una decisione che si avvicini il più possibile all’unanimità è decisamente migliore rispetto ad un’altra presa con la fatidica “metà più uno”. Al diavolo dunque il sistema maggioritario!

Guardiamoci un momento attorno: Berlusconi da un’ottica di tipo bipolare si sta convertendo al proporzionale. Perché? Beh, a mio parere ha fatto due calcoli: piuttosto che giocare in una delle due squadre che oggi si fronteggiano è molto meglio fare l’arbitro. Mettendosi al centro del sistema politico può proporsi come interlocutore sia a destra come a sinistra. E se –come probabilmente sarà- né alla sua destra né alla sua sinistra nessuno riuscirà ad acquisire la maggioranza, egli diventerà il leggendario ago. Un ago su cui sono seduti sia Fini sia Casini e che Veltroni ora solletica per saggiarne la resistenza.
Il leader di An il dolore lo sente forte: pensava di essere il cavallo di razza del Cavaliere. Ora è poco più che un ronzino da macello. Finita la giostra è ora sotto la mannaia: Storace è il primo pezzo e ne seguiranno presto altri. Ieri dopo la convocazione dell’Ufficio Politico del Partito non è riuscito a uscirsene con niente di meglio che un augurio di buon lavoro a Berlusconi. La botta probabilmente è stata peggiore di quanto chiunque si aspettasse. Scippato dell’idea e della prospettiva di entrare nel Partito dei Moderati, impossibilitato a genuflettersi di fronte alla primizia di Berlusconi, Fini è rimasto con le pive nel sacco. E quanto sarà pesante il fardello comincerà a scoprirlo alle prossime elezioni amministrative: con i sondaggi che danno il P(p?)l al 35-40%, l’assassinio politico del Presidentissimo della Fiamma grida già vendetta al cospetto di Dio. Soluzioni? Reinterpretare la linea politica per Alleanza Nazionale è qualcosa in più di un imperativo categorico. Vuoi che passi la riforma proporzionale, vuoi che si giunga al referendum, se il Partito di Fini non riesce a compattare il proprio elettorato riscoprendo la sua vera (o nuova) identità, il ritorno ai tempi del 5% dell’Msi è già scritto.
Casini dal canto suo è silenzioso. Mentre Cesa si è affrettato a negare la possibilità di un coinvolgimento dell’Udc nel progetto di Berlusconi, il genero Caltagirone comincia a sentire puzza di bruciato. E non ha tutti i torti: ha la casa che va a fuoco. Un certo Giovanardi non riesce a nascondere dietro di sé la tanica di benzina, mentre D’Onofrio cerca di nascondere i fulminanti. Se si consuma la scissione il Partito rischia di divenire un esserino lillipuziano che rischierebbe di non riuscire a saltare l’ostacolo della soglia di sbarramento che il tandem Berlusconi-Veltroni gli porrebbero davanti. E’ vero che i dc riescono a riciclarsi sempre ma stavolta il Cavaliere ha dimostrato che Palazzo Graziali non è poi così distante da Piazza del Gesù.
E Veltroni? Guarda ma anche agisce. Aspetta ma anche sollecita. Una persona come lui aperta al dialogo certo non poteva sperare in nulla di meglio: convertire Berlusconi. Ma anche no. Perché in fin dei conti quatto quatto l’ago della bilancia spera di farlo lui. Miracoli della democrazia consociativa.

lunedì 19 novembre 2007

Crisi d’identità

Oggi mi sento un po’ più solo. Sono di An da quando An esiste, se non con la tessera almeno “in spirito”. Da allora accanto al partito ci sono sempre stati gli alleati. Avrei rinunciato all’Udc, avrei rinunciato alla Lega, avrei sicuramente rinunciato a Rotondi o a tutti gli altri che si vanno a perdere nell’infinitamente piccolo. Non avrei mai rinunciato a Forza Italia. Il partito di plastica faceva una gran compagnia e allegria, col faccione bonario di Berlusconi a cui guardare. Intendiamoci, io non credo che da ieri sia cambiato granché, forse. La partita è ancora tutta da giocare, ma per la prima volta si è messo in discussione una gran fetta della storia recente. Dalla “seconda Repubblica” si sapeva che c’erano il centrodestra e il centrosinistra. Oggi ci svegliamo nell’incertezza del domani. Molti sembrano già sapere cosa succederà. Io credo che nessuno lo sappia. Sul momento non riuscivo a capire come Berlusconi, che già aveva dato vita ad un “partito” a sua immagine e somiglianza, potesse dar vita ad un’altra entità egualmente a sua immagine e somiglianza ma diversa dalla prima. Un non senso logico. Poi ho ricordato la Santissima Trinità. Tre persone uguali ma distinte: Forza Italia, il Partito del Popolo delle Libertà, i circoli della libertà (e/o del buongoverno). L’unico dato sembra essere quello della spallata alla Cdl. Ma non doveva essere al Governo? Sarà. Sette milioni se ne vanno. Sette? Dove? Sono domande a cui non si può dar risposta. Come tutti i misteri della fede. Io credo, però. Credo che ancora una volta si cambi tutto per non cambiar nulla. Ma almeno allo stadio potremo tornare a gridare : "Forza Italia"