giovedì 22 novembre 2007

I due poli e l'equatore

Tanto tuonò che piovve. Nel giorno dell'epifania del simbolo del Pd, si proclama tra squilli di tromba l'inizio dell'era delle riforme. Veltroni andrà in visita ai due contendenti. Fini lunedì, Berlusconi mercoledì, il consulente matrimoniale giovedì. Venerdì lo psichiatra ed il sabato si riposò. In effetti il momento è caotico anche se nel frattempo i gruppi parlamentari continuano ad agire esattamente come prima. Ascoltando le discussioni alla Camera non sembrerebbe cambiato nulla: la solita sinistra, la solita destra. I pochi che coglieranno il senso profondo del momento ne approfitteranno. Tutti gli altri si accoderanno. La classe dirigente di Alleanza Nazionale purtroppo rientra tra coloro che si affeziona all'immutabilità: si culla nella sua indispensabilità e nel frattempo prepara le sue adunate oceaniche. Il mezzo milione di Roma non si trasferirà certo a piazza San Babila. E anche se fosse? Che sono 500 mila contro 21 milioni di firme? Che dite? 7? Sono stati riconteggiati. Il buon La Russa da l'idea di uno che avrebbe continuato volentieri a dormire: "dialogheremo col nuovo partito di Berlusconi esattamente come dialogavamo con Forza Italia". Il dialogo sincero e schietto del condannato col boia. In effetti qualcosa anche i colonnelli lo devono avere captato, dato che quando uscirono lunedì dall'Ufficio politico erano furibondi a quanto mi riferisce qualcuno. Il sogno era così bello: ancora qualche mese - non importa quanti - di agiata opposizione e poi di nuovo al Governo. E forse è per questo che Ignazio, a quanto mi risulta, non era poi così ostile all'idea della fusione con Berlusconi. Ma le voci arrivano confuse in Transatlantico e magari si finisce per capire male. Nel frattempo Tabacci ci propone una "cosa bianca" insieme all'Udc. Va bene, buona idea. Basta che non sia quella che usava Mele.

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