Che cosa sta accadendo? Fatico io stesso a capirlo. Ho parlato più volte di Terza Repubblica, anche se nulla, come sempre, è cambiato. Resta la legge elettorale di ieri, la Costituzione dell’altro ieri, gli stessi regolamenti parlamentari. Ma oggi, esattamente come accadde nel 1993-94, sono i partiti a cambiare.
Ciò che sta avvenendo è una strategia volta a far fuori tutti i più piccoli attori nel panorama politico e a lasciare intatti pochi attori tra cui due interpreteranno la parte del leone. Il nuovo assetto è fragile perché nasce soltanto da una volontà e, pertanto, può essere dissolto dalla routine, nemica delle salde determinazioni. Può essere consacrato, però, dalle riforme che si faranno la prossima Legislatura. Questo dal punto di vista partitico ed istituzionale.
Dal punto di vista politico, però, le cose non sono così semplici. Alla volontà di ridurre i protagonisti del sistema ed eliminare i partitini-ricatto si affianca lo smarrimento delle identità. E qui cominciano considerazioni strettamente personali che possono o non possono essere condivise, ma che restano altrettanto valide. Io mi sono sempre ritenuto un conservatore. Un conservatore, diciamo così, un po’ nazionalista. E per questo motivo non ho mai sentito veramente mi nessuno degli schieramenti politici italiani. Alleanza Nazionale era, però, quello che ci assomigliava di più. Non mi riconoscevo negli estremisti, in coloro che tuttora pensano che Israele sia il male, che sono contro gli Usa senza se e senza ma e che non bevono la coca-cola (ci sono, ci sono). Ma c’erano molti che capivano la necessità di una svolta, di un cambiamento. La svolta di Fiuggi, in tal senso era un buon inizio. Poi si è cominciato a parlare di Partito Popolare Europeo. Badate bene: niente contro il Ppe, solo che questo mi descrive meno di quanto faceva Alleanza Nazionale. Perché il Partito Popolare Europeo nasce da esperienze politiche suggestive, ma non è a sua volta un’esperienza politica suggestiva. Perché io avrei votato Dc quando c’era De Gasperi e fino al Governo Tambroni, ma poi sarei stato sempre meno convinto nel farlo. Perché nonostante sia un cattolico e un moderato, credo in valori che non sempre esigono la moderazione.
Quando ci si accosta ai diversi sistemi partitici spiegano che un assetto bipolare è scarsamente polarizzato. Il che significa che i due partiti che lo compongono si assiepano al centro per carpire il voto del cittadino mediano. In tal senso vanno spiegate le furbe affermazioni di Veltroni “il Pd rinunciando alla sinistra radicale si è avvicinato al centro, il Pdl perdendo l’Udc va a destra”. Tuttavia significa anche che quelli di destra che non sono nostalgici si sentiranno orfani. Orfani di un soggetto che in Italia non c’è e di un’identità che, dentro Alleanza Nazionale poteva tranquillamente esistere. Il futuro è tutto da scrivere. Ma ora quell’identità a mio parere, non è più patrimonio esclusivo di alcuno. Con Alleanza Nazionale è archiviato anche il mio voto di appartenenza.
Ciò che sta avvenendo è una strategia volta a far fuori tutti i più piccoli attori nel panorama politico e a lasciare intatti pochi attori tra cui due interpreteranno la parte del leone. Il nuovo assetto è fragile perché nasce soltanto da una volontà e, pertanto, può essere dissolto dalla routine, nemica delle salde determinazioni. Può essere consacrato, però, dalle riforme che si faranno la prossima Legislatura. Questo dal punto di vista partitico ed istituzionale.
Dal punto di vista politico, però, le cose non sono così semplici. Alla volontà di ridurre i protagonisti del sistema ed eliminare i partitini-ricatto si affianca lo smarrimento delle identità. E qui cominciano considerazioni strettamente personali che possono o non possono essere condivise, ma che restano altrettanto valide. Io mi sono sempre ritenuto un conservatore. Un conservatore, diciamo così, un po’ nazionalista. E per questo motivo non ho mai sentito veramente mi nessuno degli schieramenti politici italiani. Alleanza Nazionale era, però, quello che ci assomigliava di più. Non mi riconoscevo negli estremisti, in coloro che tuttora pensano che Israele sia il male, che sono contro gli Usa senza se e senza ma e che non bevono la coca-cola (ci sono, ci sono). Ma c’erano molti che capivano la necessità di una svolta, di un cambiamento. La svolta di Fiuggi, in tal senso era un buon inizio. Poi si è cominciato a parlare di Partito Popolare Europeo. Badate bene: niente contro il Ppe, solo che questo mi descrive meno di quanto faceva Alleanza Nazionale. Perché il Partito Popolare Europeo nasce da esperienze politiche suggestive, ma non è a sua volta un’esperienza politica suggestiva. Perché io avrei votato Dc quando c’era De Gasperi e fino al Governo Tambroni, ma poi sarei stato sempre meno convinto nel farlo. Perché nonostante sia un cattolico e un moderato, credo in valori che non sempre esigono la moderazione.
Quando ci si accosta ai diversi sistemi partitici spiegano che un assetto bipolare è scarsamente polarizzato. Il che significa che i due partiti che lo compongono si assiepano al centro per carpire il voto del cittadino mediano. In tal senso vanno spiegate le furbe affermazioni di Veltroni “il Pd rinunciando alla sinistra radicale si è avvicinato al centro, il Pdl perdendo l’Udc va a destra”. Tuttavia significa anche che quelli di destra che non sono nostalgici si sentiranno orfani. Orfani di un soggetto che in Italia non c’è e di un’identità che, dentro Alleanza Nazionale poteva tranquillamente esistere. Il futuro è tutto da scrivere. Ma ora quell’identità a mio parere, non è più patrimonio esclusivo di alcuno. Con Alleanza Nazionale è archiviato anche il mio voto di appartenenza.
«Non si può derubricare il Pdl a un accordo elettorale», perchè «è un percorso che troverà il suo momento più alto nel Congresso che credo debba essere celebrato in autunno e solo lì An si scioglierà definitivamente. È la prima volta che un soggetto politico nasce non per una scissione, per un accordo tra partiti o per un'alchimia, ma nelle urne per espressa volontà del popolo italiano». Gianfranco Fini apre così la direzione del partito chiamata a ratificare la decisione di dar vita ad una lista unica con Forza Italia. «Non si tratta di un fulmine a ciel sereno», spiega il leader di An, non è affatto «una accelerazione o una novità imprevedibile», il fatto è - dice Fini - che il «partito del popolo della Libertà è il centrodestra italiano, è la costola italiana del Ppe europeo». «Vi chiedo - conclude Fini rivolgendosi ai dirigenti di An - non una assunzione di responsabilità, ma di dimostrare la consapevolezza politica» per continuare «una strategia che non è improvvisata», ma anzi affonda «le radici direttamente a Fiuggi, alla costituzione di Alleanza nazionale».
2 commenti:
aetius, lo hai detto tu stesso: "l'identità non è più patrimonio esclusivo di qualcuno".
Spero questo significherà non la perdita delle identità che formeranno il PDL ma la piena comprensione da parte di tutti delle nostre provenienze diverse e del perché ci si ritrova insieme anche se diversi.
Quindi le identità non cancellate ma "patrimonio comune" di tutti noi, per arrivare a sintesi efficaci delle diverse posizioni.
Dici che sono un "Chimico Utopista"?
Aetius credo sia essenziale che iniziamo a crederci noi per diventare il motore di tali sintesi.
Caro Nico,
alla fin fine che si potrebbe fare di diverso? Io ho anche pensato di non votare Pdl, un soggetto in cui non mi riconosco. E non si tratta di un sentimento nostalgico, nè del consequenziale moto di rigetto a qualsiasi cambiamento di un conservatore accanito. Ciò che contesto sono i modi. Fini, il mio Presidente, dice che questo Partito nasce dalle urne. Almeno non volesse far fessa la gente con ste corbellerie! Questo Partito nasce da una SUA manovra politica per appagare la SUA ambizione. Così com'è stata concepita non è altro che un magheggio, un'operazione di marketing e nulla più. Una fusione a freddo accelerata perchè c'erano le elezioni, la scommessa fatta dalla leadership di un rinnovamento fasullo che cancellasse l'antipolitica conservando i posti che contano per i soliti noti.
A questo punto mi sembra un po' più coerente la manovra del Pd che almeno un percorso l'ha fatto. Certo sono dei grandi ipocriti anche dall'altra parte, ma almeno un minimo in più di partecipazione c'è stata. Hanno subito momenti traumatici, hanno buttato fuori un sacco di gente, hanno dato al partito un assetto verticistico facendo fuori tessere e uomini forti ed inserendo perfetti sconosciuti. Però qualche motivo di cambiare nome al partito almeno l'hanno trovato!
Noi invece ci troviamo in una situazione di ZERO democrazia interna: partito imposto dall'alto, candidato premier scontato, quadri imposti, liste imposte (con molti spot pubblicitari di nessun conto tipo il generale Speciale). E' davvero questo che vogliamo? E' per questo che dovrei fare campagna elettorale? Ma se non sono convinto io chi dovrei convincere?
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