venerdì 1 febbraio 2008

La vera soluzione è la legge sui partiti

Che cos’è il bene? Sono quelle domande socratiche che dopo si avviluppano su se stesse come spire di un Minosse dantesco. Se al tempo di Socrate si poteva pensare di dare qualche risposta in un’epoca di relativismo come quella che stiamo attraversando diventa veramente essere convincenti.
Io posso chiedere ad esempio: che cos’è bene per il Paese? Andare ad elezioni immediatamente, provare la via del referendum o tentare di far cambiare la legge elettorale al Parlamento? Una domanda esistenziale. Non tanto perché si farà ciò che è meglio (è quasi scontato il voto), ma perché per il prossimo anno buono ci tortureranno dicendo, da una parte, che l’avevano detto, che era meglio cambiare la legge e dare stabilità al sistema e, dall’altra, che era una tattica per dilazionare il momento della verità a spese dell’ingovernabilità e della rovina. E continueremo a rinfacciarcelo l’un l’altro, berlusconiani contro veltroniani, convinti di possedere la Verità.
La politica oggigiorno è esasperante e la può fare chiunque. Lo dice uno che la ama parecchio. Ma mi rendo conto, allo stesso modo, che il dialogo, il dibattito appassionato, si è ridotto ad una zuffa paragonabile a quella di una coppia ormai logora. Ti ricordi quando 2 anni fa sono stata poco bene e mi hai costretto a portar fuori il cane perché avevi da fare? Sì, e tu invece ti ricordi di quella volta che c’era la semifinale di champions e ti sei fatta pigliare dalle crisi isteriche? E via così… Non vi ricordano destra e sinistra che parlano di risanamento di conti pubblici? Io ho risanato il Paese! Ma se va in malora… Eh già e quando c’eri tu invece?
Se il concetto di bene è relativo io credo che in politica non esista più. Non che non possa esistere, intendiamoci. In questa situazione politica non esiste più. C’è un continuo rinfacciarsi egoismi, impotenze, incapacità. Il dialogo si è ridotto ad un insulto, all’utilizzo contrapposto di preconcetti che sono diventati topici. La sinistra è più onesta della destra. La destra è più furba ed è legata agli imprenditori. Ma quando mai? Andrebbe ripristinata la serenità. E non si tratta della serenità in senso veltroniano in cui la legge elettorale va cambiata “per il bene del Paese”. Dire questo, se è solo una parte in causa ad asserirlo, significa affermare: 1) che il bene del Paese corrisponde al bene per quella parte 2) che quella parte non ha interessi sotterranei se non il bene del Paese 3) che l’altra parte è il Male assoluto. E’ questo un atteggiamento che può favorire il dialogo?
Se continuassimo a giocare a rimpiattino si potrebbe chiedere a Veltroni perché il centrosinistra all’inizio della scorsa legislatura non si rassegnò alla situazione di pareggio e non si predispose quindi ad avviare un percorso comune di riforme. E nessuno mi risponda a sua volta, se no ricominciamo daccapo. Le riforme è dal 1993 che devono essere fatte: siamo passati alla Seconda Repubblica cambiando solo la legge elettorale. Se nessuno le ha fatte ci sarà un perché. Destra e Sinistra sono entrambe dei contenitori in cui coesistono guazzabugli di idee e di interessi, di partiti e di tessere, di ideali e di privilegi. Come si può pretendere che agiscano coerentemente e di comune accordo disegnando insieme un futuro per l’Italia?
Ora ritorniamo alla domanda iniziale: che cos’è bene per il Paese? Una nuova legge elettorale. La domanda che dovrebbe seguire è: perché? Per poter scegliere chi ci governerà? Non è così. Non sarebbe così neppure col voto di preferenza. I leader, anche nel caso si giungesse ad un bipartitismo, rimarrebbero quelli di sempre. Il problema è stato indagato solo superficialmente. La verità è che la carenza di democrazia non nasce dalla legge elettorale. La carenza di governabilità nasce dalla legge elettorale (e non solo). Ma la carenza di democrazia nasce dal fatto che abbiamo una classe dirigente inamovibile. Nasce dall’oligarchia partitica. Da quindici anni i nostri leader sono pressoché immutati. I capi dei partiti sedevano nei direttivi nazionali e in Parlamento già dall’inizio della Seconda Repubblica. Anche dove si sono fatti i Congressi, i candidati sono stati imposti più che proposti (devo ammettere che i Ds conobbero fortunate eccezioni, presto cancellate dal Pd). Le primarie hanno affiancato un vincitore in pectore a semisconosciuti rivelandosi vere e proprie truffe.
Quale la soluzione? Quella di Grillo? No. Quella di Grillo è una manovra giusta nelle intenzioni ma alquanto inutile nella prassi. Anche passasse la sua proposta del limite di due mandati, a che pro crescere un Parlamento di incompetenti politici? O lasciare che i leader di partito abbiano sotto di loro una massa di persone che facilmente si affermeranno? Per non parlare della pluralità di situazioni e Istituzioni in cui i nostri cari “dipendenti” –come li chiama Grillo- potrebbero in ogni caso riciclarsi.
La realtà è una sola: serve una legge sui Partiti. Una legge che preveda tempi e procedure certe per garantirne la democrazia interna. Dopo si potrà ragionare di diminuirne il numero e di rendere stabili i Governi. Ma non voglio, onestamente, avere la sovranità di decidere se essere governato da Prodi o Berlusconi. Non mi interessa. “Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale” dice l’art. 49 della Costituzione. Forse sarebbe il caso che prima di cambiarla, la nostra Carta Costituzionale pretendessimo di riprendercela.

7 commenti:

Anonimo ha detto...

mitico Aetius!
wow! adesso c'è tutto! la tua foto, e-mail... grandioso, grandioso davvero.
sarà un piacere sentirti quanto prima.
radazione, radio, università, partito. forse anche sindacato.
tanti impegni forse troppi.
ma conto di farmi sentire quanto prima.

che dire... nel tuo post hai centrato il punto alla perfezione.
assistiamo a lotte tribali che non mi appartengono. parlo benissimo con amici di centro, centrsx e sinistra.
ovviamente ognuno dal suo punto di vista.

ma nessuno nega al proprio la validità politica dei propri ragionamenti, anche applicabili per l'interà comunità e non solo per la propria parte.
L'Italia a chi la ama, come dice il titolo della Ass.Progr. di marzo (si farà ancora?)

credo in una riforma dei partiti, che parta dal proprio interno, dalla presenza massiccia di giovani e di ragazze. dall'impegno in tutti i campi dove ognuno si sente più valido nel dare il proprio contributo.
quindi le nuove leve,altrimenti poi è assolutamente inutile cercare il rinnovamento purchè sia.

Anonimo ha detto...

da dove partire, dirai tu...
bella domanda.

far sentire la propria voce a Roma? combattere sul territorio? cercare di coinvolgere più gente possibile in attività periodiche e non solo per mettersi in moto stile "primarie"?

penso che bisogna sempre tenersi aggiornati. su tutto e in tutti i campi.
stare dietro alla modernità?
forse...

i partiti devono dare una propria linea alla società? o la devono "annusare" per poi darle un pò di "retta"?

da questa piccola domanda (che sto tentando di ampliare) può sorgere una prima, piccola, risposta.

mille grazie Aetius! :-)
ed è sempre un piacere passare da te!
a presto! GB

Marcello Spirandelli ha detto...

Caro GB,
io credo che dovremmo sforzarci il più possibile per rendere Alleanza Nazionale il primo esempio di un ruolo rinnovato dei partiti. Di una loro rinnovata mission, di un loro rinnovato spirito democratico.
Io non condivido il percorso di Storace. Tuttavia non posso negare che ne abbia avuto le giustificazioni.
Fini è Presidente da vent'anni. Può anche andar bene. Ma perchè temere un dibattito aperto? Perchè non esercitarci in prove di democrazia? Perchè avere il terrore delle correnti? Abbiamo paura delle divisioni? Io ne ho il terrore... ma solo se queste sono dovute a logiche di potere. SE SI TRATTA DI DIBATTITI SUL MERITO LE DIVISIONI NON POSSONO ESSERE UN MALE.
Sono 24 ore che sto "allo scoperto".Questa scelta l'ho operata solo perchè ero orgoglioso del mio lavoro su questo blog. Io non ho timore delle mie idee e ne rivendico la paternità con tutte le conseguenze del caso. Tuttavia io ho un lavoro. Io non sono il mio lavoro. Non ne sono schiavo e non ne sono condizionato. Queste righe le scrivo nel mio tempo libero e in esse espongo ciò che so, ciò che ho appreso, ciò che vedo. Non voglio che queste parole possano mettere in imbarazzo persone che hanno responsabilità politiche. Loro fanno ciò per cui sono stati eletti e io non ho alcuna intenzione di far ricadere su di loro le mie convinzioni. Io sono idealista. Uno sport che i politici spesso non si possono permettere.
Per questa ragione dopo 24 ore torno nell'anonimato. Voglio essere libero. Ed i grilli parlanti, se sono davvero tali, non devono avere un volto.
Un saluto

Anonimo ha detto...

carissimo Aetius, mille grazie di cuore.
per la fiducia e la disponibilità.
tutto è giunto a destinazione e sarà un piacere quanto prima farti sapere, contando i tempi stretti per università, redazione, radio, partito, ecc.

già da ora un abbraccio e con la sicurezza nel cuore di andare avanti con le nostre idee.
a presto, GB

Anonimo ha detto...

imparato molto

Anonimo ha detto...

leggere l'intero blog, pretty good

Anonimo ha detto...

molto intiresno, grazie