Una certa scuola storica tende a bocciare l'idea di una storia evenemenziale, fatta di date fatali e di momenti di svolta. Si vive di trasformazioni graduali, di mutamenti culturali, di assestamenti del tessuto sociale, di cambiamenti demografici. Non si consuma tutto in una data, a meno che non si voglia farla divenire un simbolo. Se poi esistono davvero i giorni storici sono quelli che non ci aspettiamo, che nessuno conosce. Sono le ore in cui maturano le condizioni del cambiamento.
Queste settimane potrebbero essere il presupposto di una data storica. Ci troviamo di fronte, la prima chance dai tempi della Bicamerale, ad un bivio. Possiamo scegliere il cambiamento o possiamo scegliere che tutto rimanga come prima. Entrambe le soluzioni sono aperte e possibili e logorano il sonno dell'oligarchia al potere.
A ciascuno la sua moneta o il suo teschio, se preferite. Berlusconi può spazzare via l'intero sistema istituzionale e partitico o lasciarsi convincere dalla sirena di Fini a ritornare nel caldo ovile della ricostituenda Casa delle Libertà. Veltroni può rinunciare al potere conferitogli dagli elettori alle primarie ascoltando i tanti capetti del Pd o può esercitare appieno il suo mandato fino ad arrivare all'accordo col Cavaliere anche a costo di sacrificare il Governo Prodi. Bertinotti può subire le manovre dei due macropartiti per scegliere tatticamente di conservare poltrona e Governo o può strategicamente sfasciare tutto per cercare di ostacolare l'emarginazione della sinistra radicale e rivendicare la purezza del suo Partito. Casini può appoggiarsi a Fini contro Berlusconi o cercare di approfittare delle simpatie trasversali verso il modello tedesco per regalare al suo partito quella centralità che gli consentirebbe -soprattutto senza premio di maggioranza- di aspirare all'onnipresenza nei futuri Governi. Mastella e gli altri lillipuziani possono scegliere se conservare i ministeri e venire distrutti o mandare tutto a carte quarantotto e sperare che nulla cambi. Prodi non ha nulla da decidere: ha il piattino che sceglie per lui.
E Fini? Fini ha tre scelte: può decidere di continuare a pregare tutte le divinità pagane affinchè Berlusconi torni indietro, può continuare ad illudersi che la riforma referendaria lo riporterà nel paese delle meraviglie in cui egli è leader designato della Cdl e come vice ha il bianconiglio o può rassegnarsi a governare la destra in un sistema proporzionale. Sarò un nostalgico missino impenitente e filofascista ma io parteggio per la numero tre, a dispetto di tutti coloro che scalpitano per un ministero, un sottosegretariato, un ente, un paio di capponi. A meno che Berlusconi non intenda davvero restare a sguazzare nello status quo perdendo la possibilità di fare il Messia. Signori fate le vostre puntate. Rien ne va plus
mercoledì 5 dicembre 2007
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