lunedì 21 aprile 2008

Il Natale di Roma

Un mio buon amico mi rimprovererebbe delle mie uscite neopagane, ma io al Natale di Roma ci ho sempre tenuto. Nell’inno nazionale una delle parti che prediligo è “che schiava di Roma Iddio la creò”. Eh sì, sono un nordico atipico.

Fin dai tempi degli albori della Repubblica romana, i barbari scendevano dalla Gallia Cisalpina a mettere a ferro e fuoco l’Urbe. Qualche cultore della storia ricorderà Brenno e il suo “Vae victis!”. Persino Annibale, nonostante la sostanziale unità dei soci italici, trovò nei Padani degli alleati. Meglio coi tunisini che con Roma ladrona? Non esattamente: a Canne la vittoria del Cartaginese fu possibile proprio per il cedimento del centro del fronte retto dai Galli.


Non mi arrischio a fare liaisons genetiche o culturali coi Galli che abitavano la pianura intorno a Mediolanum: neppure la Lega sa decidersi a rivendicarli come progenitori dato che ha deciso di pescare secondo le convenienze ora dai Celti in generale, ora dai Cimbri, ora dai Comuni medievali, ora dalla Serenissima. Eppure qualche ricorso storico evidentemente deve esserci. Saccheggiati e saccheggiatori, mortali nemici di Roma, essi seppero anche diventarne secondo le convenienze alleata, fino ad ottenere l’onore della cittadinanza.


Oggi sarebbe antistorico negare che l’unità d’Italia fosse una pulsione che nasceva principalmente dal nord. Ormai, nel momento in cui il ministro dell’Agricoltura in pectore (di Bossi) Luca Zaia mette in discussione la correttezza del plebiscito con cui si annetteva il Veneto alla Nazione, sembra opinione condivisa che il Risorgimento altro non sia che una guerra espansionistica del Piemonte. Eppure dal settentrione partì. Il sud la subì, in modo alquanto riottoso. E probabilmente non gli convenne neppure. Roma fu una delle ultime terre ad essere liberata, nonappena i francesi che la proteggevano furono distratti dal compito dall’esercito prussiano.


Ma che c’entra tutto ciò? Nulla. O meglio, sono le solite chiacchiere per dimostrare che il vittimismo del Nord non ha poi tutto questo fondamento. Ed io difendo Roma. Una Roma splendida che è la coscienza dell’umanità da 2761 anni (beh, magari non proprio dall’epoca in cui si facevano i sacrifici umani). Una Roma che era la ragione ingombrante per cui dirsi di destra in Italia. Una ragione che la destra attuale ha smarrito o volutamente sacrificato, sommerso sotto una voglia di federalismo che sta alla secessione come i socialdemocratici all’inizio del ‘900 stavano al comunismo.


Oggi tutto sembra darmi torto: il federalismo trova argomentazioni in ogni scienza sociale; il voto a favore della Lega Nord cresce; i detrattori di un concetto di Nazione aumentano con la convinzione che, seppur sia mai esistita una nazione, questa non sia stata in ogni caso l’Italia. Ed io non voglio convincere che lo stato centralista è bello. Ritengo solo che non sia necessario mettere in discussione le fondamenta culturali dello Stato per arrivare ad una forma di autonomia sul piano fiscale; che il meridione aumenterà il proprio livello di isolamento tanto più incrementerà il localismo; che il regionalismo estremo è funzionale al territorio soltanto ove sia inserito in un sistema superiore che gli dia tutela in un’ottica di sussidiarietà (almeno nel contesto attuale). In una parola: la Regione Veneto può esistere autonomamente per ciò che concerne l’economia, ma non per ciò che riguarda la finanza; per il welfare ma non per la difesa; per le politiche sociali e non per quelle dell’immigrazione. Al che si tratta di scegliere: Italia, Europa o Padania. Ma se scegliete la terza cambiatele almeno nome: è vero che Eridania poteva dar adito a confusioni, ma Padania è il sinonimo di cacofonia. Io nel frattempo festeggio il Natale di Roma. In fin dei conti preferisco questo neopaganesimo all’ampolla d’acqua raccolta al Monviso e versata in laguna: quell’acqua in Adriatico ci arriverebbe da sola in ogni caso.

mercoledì 16 aprile 2008

Victoire

(l'articolo è stato scritto alle 5 del mattino del 15 aprile. Lo pubblico solo oggi perchè sono stramazzato sul pavimento prima di completarlo. Questo spiega anche la scarsa lucidità mentale, ma rappresentando un pezzo di storia personale ho deciso di pubblicarlo così su questo mio diario politico)

Per una settimana non mi sono fatto sentire. Non saprei neppure indicare chiaramente le ragioni di una sconfitta tanto cocente per il Partito Democratico. Ha giocato l'eredità di Romano Prodi, la sete di vendetta, il cambiamento enfatizzato che era spesso soltanto di facciata. Ma guardo in casa mia dove i problemi non mancano.
Mi darete dell'idiota, del pazzoide o del bastiancontrario ma a me il risultato non ha affatto entusiasmato. Lasciando perdere la scomparsa di forze che tradizionalmente appartengono all'arco costituzionale italiano (Il Manifesto titola oggi in una delle sue copertine più riuscite "Sinistra Extraparlamentare") che mi porterebbero inevitabilmente a riaffondare nell'analisi dei guai altrui, non posso esimermi dalla constatazione che ha fatto brecccia nell'elettorato italiano la volontà di semplificare all'estremo il sistema partitico italiano. A "destra" il Popolo della Libertà, a "sinistra" il Partito Democratico. Eppoi la Lega. Più Udc, Italia dei Valori e Movimento per le Autonomie, ma sono dettagli. E a noi interessa inevitabilmente la Lega. Sono originario del nord, ho contribuito alla campagna elettorale al nord (e se posso vantarmi la mia provincia nel Veneto è quella che meglio ha retto l'onda d'urto), nel Veneto. Stanotte, pochi minuti prima rispetto all'ora in cui sto scrivendo ce la siamo fatta sotto per il terrore che dei deputati messi in posizione ritenuta sicura non passassero. La Gardini non è passata, l'ex sindaco di Vicenza non è passato, Riello non è passato. Al Senato è stata una strage. Alla Camera la Lega nel Veneto 1 ha superato il popolo della libertà con percentuali abbondantemente al di sopra del 25%. Pura fantascienza fino a ieri. C'era gente che aveva già il titolo in tasca e si trova stanotte con qualche migliaio di euro in meno ed un leggero bruciore nel posto dove avrebbero dovuto sentire il calore confortante del seggio. Si apre la partita Veneto. Galan deve scegliere se partire per Roma e lasciare la Regione al movimento di Bossi o se tenere duro mentre parte l'arrembaggio leghista. ma sono stati davvero tanto bravi? La verità è che a parte i manifesti con l'indiano che non hapotuto regolare l'immigrazione la campagna elettorale della Lega è stata inesistente. Ho visto il filmato di un incontro con Gentilini in un paese adiacente al mio. Si parlava di pugnali e di spade, si progettava di bruciare le moschee e di Roma ladrona, ma niente di più. Partiva la canzone "tengo la camisa verde" e qualche canzone da balera. La nebbia circondava il tendone mentre il nulla assediava la torre d'avorio dell'adunata padana. Se questa è propaganda... La verità? La Lega raccoglie lo scontento di quelli di Alleanza Nazionale che non volevano disperdere il voto ma che chiedevano risposte chiare contro l'immigrazione e la criminalità; coagula le distanze di antipolitica di chi ha bisogno di sfasciare il sistema per far partecipare il prossimo ai suoi lutti; amplifica l'ultimo avviso lanciato al meridione: siamo stati solidali per 60 anni e ora se volete cambiare dovete farlo sul serio. Non entro nel merito. Anch'io da settentrionale a volte mi incazzo di tutti i trasferimenti operati a beneficio del mezzogiorno. Ed è vero che il nord sfrutta spesse volte il sud, ma viene abbondantemente ricambiato. Io amo l'Italia così com'è, ma molti miei concittadini non sono della mia stessa idea. A torto o a ragione gli italiani con questo voto hanno dato il segnale più potente di cambiamento che potevano scegliere: o si cambia o si muore. O si amputano le parti in cancrena e si lasciano marcire. Regioni a due velocità, federalismo fiscale, autonomia: non ci saranno tempi supplementari.

lunedì 14 aprile 2008

Una scusa

Prego i miei lettori di perdonare questa lunga assenza nell'ultima settimana di campagna elettorale. Credo che ne intuirete le ragioni. Credo di aver dormito una media di 5 ore a notte. Guardandomi attorno mi viene da chiedermi se sono stato l'unico pirla a farlo. Dando un'occhiata in giro sembra proprio di sì. Ancora poche ore e sarà finita.
Da dopodomani, a meno che non si registri la mia morte cerebrale definitiva, ricomincerò a curare questo spazio.

giovedì 3 aprile 2008

Diario di un curatore di campagna - 9

(Non so a che giorno siamo, so che vorrei che ne restassero 10)
Un grido d’allarme risuona dalla valle. E come sempre in caso di pericolo risuona di bocca in bocca. Spostano la data delle elezioni! Che giorno è oggi? Dai, il primo aprile era ieri! Sì, ma, forse. Ma siamo in guerra? Che è successo? In Spagna neppure dopo l’attentato alla stazione di Atocha spostarono la data delle politiche. Che può essere capitato? Ma chi l’ha detto? Amato! Amato? Eh…

Beh, viene fuori che tutto sto casino capita per la Democrazia Cristiana. Ma possibile? De Gasperi è risorto con Oberdan, Sauro e Battisti? Non esattamente… è la Dc di Pizza. Chi? Pizza! Ah, già. Margherita? No, Giuseppe. Napoli? No, è di Sant’Eufemia d’Aspromonte. Beh, non c’è più religione!

Vabbè, ed ora arriva fresco sto Pizza. Una bufala. E’ dal 1994 che prova a risuscitarla la Balena Bianca. Nel 1994 è con Flaiano Piccoli. Dal 2003 è segretario della Dc, ma con quel nome non si può presentare. Così alle europee del 2004 corre sotto le insegne di Paese Nuovo raccogliendo un ragguardevole 0,2%. Nel 2006 ci riprova alleato con Romano Prodi sotto la Lista dei Consumatori bissando a livello nazionale lo 0,2%. Va dato atto che in Calabria, grazie alla presenza di Loiero, si sfondò soglia 5%. Oggi, dopo aver concluso l’esperienza col centrosinistra, ecco Pizza che, con la benedizione di Berlusconi, può tornare a giostrare con lo scudo crociato.

Bene, il ritorno della Dc! Anzi no. Il Viminale pensa, con il solito eccesso di zelo, che il simbolo dello scudo crociato possa mettere in confusione qualche vecchietta siciliana che vede l’Udc presentarsi con lo stesso stemma all’interno del simbolo. Ed ecco Pizza escluso a stracciarsi le vesti. Va dato atto a Pizza, che dal 1969 è orgogliosamente democristiano, un’apprezzabile costanza. E forse non vale neppure la pena interrogarsi sull’effettiva utilità di una lista di Risurrezione come questa. A volte i morti non si rendono conto di esserlo. E quindi ben venga il ritorno della DC dopo la bocciatura del Ministero dell’Interno.

Ora però vanno risolte delle questioni etiche imprescindibili che possono determinare le sorti dell’ordinamento civile della Nazione: essere riammessi va bene, ma questo da il diritto a questa gente di pretendere che una persona come il sottoscritto, che si è già ampiamente rotto le scatole di una campagna elettorale che ha avuto la stessa partecipazione militante di quella del popolo Cubano allo sbarco alla Baia dei Porci, debba continuare per altri 10 o 15 giorni a trottare come un puledro?
A parte il De Profundis di disperazione che, insieme a Veltroni, a Berlusconi, a Casini e persino a Storace a Boselli elevo per evitare che questo strazio si prolunghi anche di sole 24 ore, ci sono altre riflessioni che, facezie a parte, andrebbero di sfuggita esaminate.

1) La Costituzione in art. 61 recita “Le elezioni delle nuove Camere hanno luogo entro settanta giorni dalla fine delle precedenti. La prima riunione ha luogo non oltre il ventesimo giorno dalle elezioni.” Quei mattacchioni dei Costituenti non hanno inserito nessun “eccetto”, nessun “salvo”, nessun “tranne”. E la ricerca nel pdf non restituisce risultati neppure se digitate Pizza.
2) Il Consiglio di Stato può sindacare su un atto amministrativo come quello emesso dal Ministero dell’Interno. Nessun atto amministrativo né alcuna sentenza possono derogare alla Carta Costituzionale ove non sia da essa esplicitamente previsto il contrario. Il decreto con cui si fissano le elezioni è un atto amministrativo e certo non può andare contro la Costituzione. Non potrebbe farlo neppure la legge. E non è che ci sia molto da interpretare.
3) Il 6 febbraio 2008 il Presidente della Repubblica ha sciolto le Camere. L’anno è stato bisesto (e dunque funesto): 29-6 fa 23. Aggiungiamo 31 di marzo e 13 di aprile. Non sono forte in matematica ma dovrebbe fare 67. Per fare un favore a Pizza possiamo rinviare il tutto a mercoledì 16.
4) Tutto sto ambaradan lo facciamo per una sentenza cautelativa, non per una definitiva. Tradotto: il Consiglio di Stato per evitare danni (e nella sua eterna saggezza c’è riuscito in pieno) al soggetto che accampa un interesse legittimo, sospende l’effetto di un atto amministrativo. Ciò non significa che dia ragione a Pizza.
5) Nel frattempo i militari all’estero hanno già votato. Che fanno? Rimandano le schede indietro?

La verità è che la giustizia amministrativa sta in questi anni prendendo delle decisioni che sotto molti profili decisamente non le competono. Penso, per esempio, alla bocciatura ad opera del Tar del Lazio del Decreto con cui il Ministro Turco innalzava per la cannabis le soglie consentite di detenzione personale. Indipendentemente dal merito (io ero contrario) la giustizia amministrativa non poteva bloccare il provvedimento: era evidentemente un atto politico. Diversa la questione del generale Speciale ove fece benissimo a rispedire al mittente un decreto che dal punto di vista formale era fatto coi piedi. Non si tratta di rispetto delle regole: si tratta semplicemente di buon senso!

Il mio pensiero in questa notte buia e tenebrosa va a Pizza. Dati i suoi risultati strabilianti nelle scorse tornate possiamo aspettarci grandi cose: forse passerà dallo 0,2% allo 0,5%. Caro Giuseppe, mettiti una mano sul cuore. Pensa ai militanti, pensa alle promesse di Berlusconi. Dicci cosa vuoi, cosa ti serve. Un sottosegretariato? Pronti! Un po’ di soldi? Spara! Guarda io queste cose non posso dartele ma c’è un tizio a Palazzo Grazioli che è abbastanza preoccupato perché ogni giorno di più si rischia lo stallo al Senato. Figuriamoci in quindici! Domanda con fiducia! E non fidarti di Clemente quando dice che qualche volta non ciò che promettiamo non lo manteniamo! Stavolta abbiamo fresca fresca una svendita… c’è un’azienda in dismissione. Portati a casa un aereo e un paio di hostess e non se ne parla più.