Scusate ma qualcuno me lo deve spiegare. Nella ridda di voci politiche che si rincorrono incessanti, negli strilli concitati delle tifoserie che in questi giorni si stanno impegnando sulle televisioni e sui giornali, le uniche parole che sembrano avere un significato, dato che vengono ripetute con una certa costanza, sono “proporzionale” e “maggioritario”. Io non sono un matematico, né un esperto di scienze statistiche, né un sondaggista, ma qualcosa sui sistemi elettorali lo so. Allora perché mi sembra che i discorsi che fanno i nostri politici non abbiano senso?
Seguite il filo del discorso, in modo da correggermi e farmi capire. Innanzitutto parlare di “maggioritario” e “proporzionale” ha tanta ragionevolezza quanto cercare di spiegare la pittura illustrando solo che cos’è il bianco ed il nero. Esistono talmente tante varianti! Si dice che un sistema proporzionale acuirebbe il frazionamento partitico, ma la stessa riforma che si vorrebbe introdurre col referendum non va a trasformare il sistema elettorale in maggioritario quanto a modificare il criterio di attribuzione del premio di maggioranza. In questo senso assomiglia alla legge Acerbo del periodo fascista che era proporzionale e che tuttavia rese possibile la dittatura.
Il problema di questi giorni non è quindi quello di stabilire se affidarsi al maggioritario o rigettarsi nelle braccia del proporzionale, quanto quello di stabilire che tipo di proporzionale si vuole. Si fronteggiano due scuole di pensiero: i due partiti maggiori ambirebbero ad un proporzionale in cui si potessero decidere le alleanze dopo le elezioni, con una soglia di sbarramento tale da far fuori i piccoli partiti. E fin qui ci arrivo: il maggioritario porterebbe nelle realtà locali a dei patti di desistenza e renderebbe comunque impossibile la libertà di movimento all'indomani del momento elettorale. Ciò che non comprendo, tuttavia, è la ragione che spingerebbe questi grandi partiti a respingere la riforma proposta dal referendum. Ma ponendo pure il caso che l’impossibilità di duplicare i nomi in lista in diverse circoscrizioni e la volontà di forgiare sistemi elettorali ad immagine e somiglianza dei due nuovi macropartiti sia ragione sufficiente per aborrire il voto, non riesco a immaginare le ragioni che porta Alleanza Nazionale a sostenerlo. Parteggiare per un sistema che da la maggioranza assoluta dei seggi in Parlamento alla lista di maggioranza relativa potrebbe essere saggio per le due formazioni al 30%, ma non per quella al 14%. I casi sono due: o Fini crede di riuscire a pareggiare i voti del Cavaliere o spera che il nuovo Pdl sia tanto debole rispetto al Pd da ricondurre Berlusconi a più miti pensieri e da farlo tornare all’ovile. A dire il vero ce ne sono pure un paio di scorta, di casi: che Fini non conosca appieno le conseguenze delle sue azioni (che in preda allo sconforto abbia voluto replicare l’esperienza giamaicana?) o che io non sia tanto machiavellico da penetrare la sua beautiful mind. Nel qual caso, ve ne prego, qualcuno abbia la compiacenza di spiegare pure a me!
lunedì 26 novembre 2007
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